Il dilemma dello stadio della Roma: si tratta per un nuovo compromesso

Corriere della Sera (A.Arzilli) – Lo dice l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, lo ribadisce la sindaca Raggi. Faremo lo stadio, ma entro i margini dettati dal piano regolatore. E cioè i 63 mila metri quadrati previsti per l’area di Tor di Valle nel documento che regola lo sviluppo urbano della città. Il che, però, contrasta con i numeri del progetto elaborato dal costruttore Luca Parnasi e dalla Roma, e ratificato dalla giunta Marino, che prevede una copertura di 250 mila mq., ovvero il quadruplo di quanto è disposto a concedere Berdini. La sintesi della situazione è in un certo senso contenuta nel messaggio twittato ieri da Virginia Raggi durante il summit, il quarto in Campidoglio, con Parnasi e la Roma. “Al lavoro su un progetto importante per la città“, posta la sindaca sottolineando due concetti: l’importanza di un’opera che ha già il placet del leader M5S Beppe Grillo, ma anche il lavoro di cesello sul progetto originale. Dunque si tratta, nel merito. E le parole pronunciate da Berdini giorni fa a Rainews24 sono, in questo senso, coerenti: “Siamo consapevoli che rischiamo una causa“, diceva l’assessore segnalando la posizione da combattimento della giunta. Che, comunque, da un’eventuale battaglia legale qualcosa da perdere ce l’ha, così come i soggetti proponenti: i rischi del Comune sono il pignoramento di 200 milioni di euro per l’eventuale maxi causa di risarcimento, ma soprattutto la rinuncia al complesso di opere pubbliche collegate allo stadio, 440 milioni che da solo il Campidoglio non potrebbe mai sostenere; mentre Parnasi e il club hanno l’obbligo di portare a dama il progetto un po’ per non perdere il nutrito portfolio di finanziatori, ma soprattutto per rientrare dai debiti storici contratti con le banche (anzi, la banca: Unicredit).

Le parti hanno cioè un interesse comune a tirare su lo stadio, per Raggi e il M5S c’è anche la possibilità di un rilancio in chiave elettorale grazie al primo dopo la valanga di no che ha caratterizzato il semestre iniziale al governo di Roma. Ed entrambe le parti ora mostrano i muscoli con un documento che attesta la correttezza della rispettiva posizione: il Comune ha il piano regolatore, i proponenti la delibera della giunta Marino. Ieri in Campidoglio Berdini ha detto la sua prima che Raggi chiedesse ai proponenti di valutare una modifica sostanziale delle cubature. Di contro Parnasi e la Roma, che già avevano dato una sforbiciata alle torri dell’archistar Libeskind, hanno detto sì ma solo a qualche ritocco. La partita, insomma, sta nel compromesso su cui Campidoglio, Parnasi e la Roma stanno lavorando sia politicamente sia tecnicamente nella Conferenza dei servizi che il 6 febbraio concluderà i lavori. Lì in allegato al progetto dovrà arrivare la variante urbanistica che rappresenta l’accordo definitivo. E chissà che nel dialogo in corso non rientrino future collaborazioni su altri fronti, dalle cubature in zona Bufalotta alla rigenerazione delle ex caserme in funzione emergenza abitativa. Per una reciproca soddisfazione.

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