Corriere dello Sport (L. Scalia) – L’uomo ovunque Diego Lorente non era e non sarà un titolatissimo della Roma ma ha una caratteristica unica: sa ricoprire più ruoli in difesa senza abbassare la sua incisività in campo. Quando è mancato Smalling, Mourinho l’ha schierato da centrale dandogli in mano le chiavi della retroguardia. Sarà lui la prima scelta se l’inglese mancherà per squalifica o qualsiasi altro motivo.
Llorente, inoltre, può essere dirottato sul centrodestra e sul centrosinistra. E poi sa anche mettersi sulla fascia, con compiti non di spinta. E’ successo per esempio nella finale di Europa League, durante Roma-Siviglia, anche se poi è andata come è andata, non per colpa sua: Taylor ci sarebbe stato comunque. Llorente è un giocatore da Roma perché ha esperienza internazionale, tecnica i piedi sono quasi da centrocampista, ma anche un fisico che gli permette di lottare nell’uno contro uno. Fa le cose semplici e bene, le più logiche, senza strafare. La parola “rischio” se la palla passa dalle sue parti non esiste. Per questi motivi Mourinho e Tiago Pinto hanno spinto per riprenderlo dal Leeds in prestito secco, dopo l’esperienza di sei mesi passata in giallorosso.
La voglia dello spagnolo di titolare è stata decisiva per riaprire i cancelli a Trigoria, nonostante il mancato riscatto a fine stagione. Ma solo perché i 18 milioni di euro concordati inizialmente con il Leeds non potevano uscire per tanti motivi. Sia in nome del bilancio, sia perché Llorente a breve spegnerà 30 candeline. Insomma, non è un ragazzino, ma non è neanche un giocatore nella fase discendente della sua carriera. Il ruolo, dall’altro lato, non è rilevante. O meglio: nella difesa a tre è un jolly totale che può far rifiatare anche Mancini o N’Dicka. Llorente avrà il suo spazio tra campionato, Europa League e Coppa Italia.
Mourinho si fida di lui a occhi chiusi. E anche questo conta tantissimo. Tra i due c’è un rapporto unico che risale al periodo in cui Llorente era un suo “bambino”, un prospetto interessante che giocava nelle giovanili del Real Madrid.
Bisogna tornare indietro di 10 anni e puntare il dito sull’ultima giornata della Liga. Mourinho era in panchina e sul finale di Real Madrid-Osasuna fa scaldare Llorente che esordisce tra i grandi al Santiago Bernabeu. Il inizia la sua carriera, sviluppata poi tra la Liga e la Premier League. Roma ha riunito il maestro e l’ex bambino, adesso diventato un adulto che si sa far valere sul rettangolo verde ma anche dentro lo spogliatoio.
Mourinho, infatti, è rimasto piacevolmente colpito dall’approccio di Llorente nelle dinamiche dello spogliatoio della Roma. Nel giro di pochissimo tempo il difensore è entrato in sintonia con un ambiente nuovo e sconosciuto. Non solo. Ha conquistato la fiducia dei compagni, pure del gruppo di italiani composto da Pellegrini, Mancini, Spinazzola e Cristante. Lo considerano uno di loro.
Llorente ci sa fare anche con i più giovani perché sa essere comprensivo, quasi un fratello maggiore. Tutte cose non scontate che hanno inciso nella scelta (condivisa) di continuare a vivere l’esperienza alla Roma da passepartout della difesa.