Il Tempo – DiBenedetto sul trono

È proprio un giorno speciale. Totti compie gli anni, DiBenedetto sale sul trono della Roma. A un mese abbondante dall’acquisto ufficiale della società, l’imprenditore bostoniano entra nel cda – per cooptazione – con il ruolo di presidente. Appuntamento alle 12 a Trigoria per un momento storico del club: viene eletto il ventiduesimo «grande capo» dal 1927 a oggi. E per la prima volta è uno straniero. Formalmente, il nuovo incarico verrà ratificato dall’assemblea dei soci convocata per il 27 ottobre ma già da oggi sarà opportuno chiamare Mr. Tom «the president». Gli cederà il timone l’avvocato di Unicredit Roberto Cappelli e a fargli posto nel «board» sarà invece Silvio Rotunno, il commercialista dei Sensi, pronto a rassegnare le dimissioni. «Sono stati tre mesi appaganti – dice il presidente uscente Cappelli – da tifoso della Roma, è stato un onore e un piacere ricoprire questa carica: sono orgoglioso di far parte di un pezzetto, anche se piccolo, della storia del club».
Per l’assetto definitivo della società americana bisognerà attendere l’assemblea. Tra un mese, infatti, scade il mandato dell’attuale cda e verrà eletto quello nuovo. Le liste verranno consegnate il 2 ottobre: tredici i membri previsti, ma potrebbero salire a quindici. Oltre a DiBenedetto, Claudio Fenucci e Mauro Baldissoni (già entrati nel «board» e nel comitato esecutivo), gli americani inseriranno gli altri tre soci della cordata – James Pallotta, Michael Ruane e Richard D’Amore – l’avvocato Joe Tacopina, destinato alla poltrona di vice-presidente, e un altro uomo vicino a DiBenedetto. Non Franco Baldini, futuro direttore generale ma non consigliere. Nei cinque posti spettanti alla banca (sei se il cda sarà di quindici membri) continueranno a sedere Paolo Fiorentino, Roberto Cappelli, Bernardo Mingrone e Roberto Venturini più uno tra Antonio Muto e Giuseppe Marra, quest’ultimo candidato alla conferma: sarà lui il vero legame tra vecchio e nuovo, mentre l’unico «trombato» rischia di essere Michele Baldi, fedele scudiero della famiglia Sensi.
All’ordine del giorno stamattina c’è anche l’approvazione del progetto di bilancio dell’esercizio chiuso al 30 giugno 2011, con un passivo intorno ai 40 milioni di euro, da sottoporre poi all’assemblea. Niente sorprese, tutto calcolato dai nuovi proprietari che insieme a Unicredit hanno stanziato aumenti di capitale in più tranche da 100 milioni di euro, per rimettere a posto i conti disastrati. Anche l’anno scorso il bilancio si è chiuso con il segno «meno»: la perdita è stata di 21,9 milioni. Al peggio non c’è mai fine. Come chiesto dalla Consob i dati aggiornati e approvati verranno allegati al prospetto per il lancio dell’Opa, un passaggio obbligato dopo il cambio di proprietà. Gli americani e Unicredit hanno stanziato 30 milioni per le azioni dei piccoli investitori ma ne serviranno molti meno: l’Opa, al prezzo di 0,67 euro per azioni, rischia di andare deserta o quasi.
L’altro punto su cui dovrà esprimersi il cda di oggi è la questione-carnet. L’idea di vendere insieme 16 biglietti delle gare casalinghe senza l’utilizzo della Tessera del Tifoso, è stata bocciata dall’Osservatorio e ora la Roma dovrà decidere se forzare la mano o accettare l’invito del Viminale a sospendere l’iniziativa, in attesa di coinvolgere le altre società: alla fine prevarrà la linea «prudente», da scartare anche l’ipotesi di un ricorso al Tar. «La Roma – spiega il ministro dell’Interno Roberto Maroni – ha preso un’iniziativa autonomamente, senza informarci, che smentisce il protocollo di legalità sulla Tessera del Tifoso. Per questo ho chiesto una valutazione all’Osservatorio. Siamo in contatto con la Roma per cercare una soluzione – ha aggiunto – bisogna evitare che questa iniziativa sia interpretata, come ha già fatto qualche gruppo di tifosi, come la fine della Tessera del Tifoso».
Il ministro è intervenuto su un’altra questione cara alla società giallorossa. «Sono convinto che gli stadi di proprietà si possono fare anche senza legge. Le resistenze maggiori non vengono dal Parlamento, ma dai comuni: può darsi che la legge venga sbloccata, anche se ci credo poco. Il governo di fronte al Parlamento ha solo potere di sollecitazione, ma se si vuole fare lo stadio, si fa». Dopo il primo approccio con il sindaco, giovedì DiBenedetto ne parlerà anche con il presidente del Coni Gianni Petrucci. Aspettando un progetto concreto sul nuovo impianto la priorità, al momento, è trovare una strada comune per sfruttare meglio l’Olimpico.
Il Tempo – Alessandro Austini

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