La Roma di Luis Enrique è una squadra in crisi di gioco prima ancora che di risultati. Il pareggio interno col Siena è stato accolto nella capitale come una sconfitta e dopo l’apertura di credito iniziale nei confronti dell’allenatore spagnolo, ora la pazienza dei tifosi sembra messa a dura prova. In cinque partite ufficiali tra Europa League — non era mai successo che i giallorossi uscissero ai preliminari — e campionato, la Roma ha raccolto tre pareggi e due sconfitte, ha segnato solo tre gol e ne ha subiti cinque contro avversarie (sulla carta) non irresistibili come Slovan Bratislava, Cagliari e Siena. Paradossalmente l’unica buona prestazione è stata quella contro l’Inter, subito ridimensionata dai risultati dei nerazzurri che hanno fatto addirittura peggio.
Luis Enrique non è ancora riuscito a trasmettere la sua idea di gioco alla squadra ma la colpa che gli viene maggiormente imputata è quella di utilizzare troppi giocatori fuori ruolo: Perrotta e Taddei esterni bassi, Borriello e Osvaldo esterni nel tridente e soprattutto Totti così lontano dalla porta non convincono. Il tecnico ha il pieno appoggio della società. Il prossimo presidente Thomas DiBenedetto gli ha rinnovato la sua fiducia: «sta facendo un grande lavoro — ha detto — capisco il dispiacere dei tifosi, ma presto avremo un nuovo stile di gioco». In sintonia il direttore generale in pectore Franco Baldini (il suo arrivo è atteso entro la metà di ottobre, quando l’Inghilterra sarà qualificata per l’Europeo) e il direttore sportivo Walter Sabatini. Tutti hanno confermato che Luis Enrique rimarrà al suo posto anche se i risultati non miglioreranno. Forse è proprio questa la rivoluzione culturale promessa quando si è insediata la nuova società, ma il modello Barcellona per il momento è lontano anni luce.
Corriere della Sera – G. Piacentini