Corriere dello Sport (R.Maida) – Era già successo, capita di nuovo: la Roma è uno strano marchingegno, imprevedibile e capriccioso, a volte esaltante e alle volte inconsistente. Senza alcun preavviso, in un attimo, si può trasformare in una grande squadra o in un esercito disordinato. Il presidente Pallotta ha visto la partita dagli States ed è infuriato per la quinta sconfitta stagionale allo stadio Olimpico, almeno quanto i tifosi che alla fine della partita con il Milan hanno fischiato e contestato. Così, oltre a perdere la Champions negli ottavi, si rischia di non averla più a settembre, con le disastrose conseguenze sull’equilibrio finanziario che si possono immaginare. Eusebio Di Francesco ammette: «Dopo il gol di Cutrone, nel quale la difesa si è fatta sorprendere troppo facilmente, e non mi riferisco solo a Manolas che pure avrebbe potuto anticipare l’attaccante, siamo svaniti. Ci siamo disuniti e non si può. Questo fa riflettere sulla personalità della squadra. Non ci sono alibi e giustificazioni. Io sono l’allenatore e mi metto davanti a tutti come primo responsabile. E’ legittimo chiedersi se la squadra mi segua, la domanda sorge spontanea. A me sembra di sì. Peccato perché nel primo tempo, sia pure senza essere incisivi negli ultimi 25 metri, avevamo fatto una buona partita. Come nei primi 50 minuti di Kharkiv. Dobbiamo lavorare sull’aspetto caratteriale».
LE SCELTE – Ha fatto scelte che fanno discutere: fuori Dzeko, De Rossi, Florenzi per turnover e nel secondo tempo anche Nainggolan, già sostituito contro lo Shakhtar, è stato tolto dalla partita. El Shaarawy poi è rimasto in panchina per novanta minuti, mentre Schick ancora una volta non ha convinto: «Ho scelto Patrik perché pensavo che potesse mettere in difficoltà i centrali del Milan. Ha fatto qualche buona giocata ma non è riuscito a incidere. Mi auguravo che aggiungesse inventiva e non è accaduto. Però non è una bocciatura per Schick, è la squadra nel suo complesso ad essere scemata: ci siamo spenti».
NERVOSISMO – In televisione discute con Massimo Mauro: «Non punto il dito su qualcuno dei miei in diretta tv. Se però voi credete che questa sia una grandissima squadra e constatate che i risultati non arrivano, allora la colpa è mia». C’è qualcosa che non funziona negli allenamenti? «Vi assicuro che a Trigoria si lavora con grande intensità. Da anni ho il mio metodo di lavoro e a Sassuolo ho raccolto dei risultati importanti. Purtroppo non riusciamo ad applicare in partita, non con continuità almeno, quello che proviamo in settimana. Ma sarebbe riduttivo parlare di un problema fisico. C’è stato un calo nel secondo tempo, l’ho visto anche io, ma il problema è più mentale».
RIPENSAMENTI – Spiega così il ritorno al 4-3-3: «Contro il Milan con i due mediani avremmo fatto più fatica. Infatti abbiamo recuperato 11 palloni nella metà campo dell’avversario. Per me possiamo fare entrambi i sistemi di gioco, anche il 4-2-3-1. Sarà sempre l’atteggiamento a fare la differenza». Perché passare al 4-2-4 sullo 0-1 con la squadra in evidente difficoltà? «Nainggolan aveva perso un dente, gli girava la testa. In più non attraversa il miglior momento della carriera. E poi mi serviva una scossa, avevamo smesso di giocare. Per questo ho scelto di inserire un attaccante in più. Di sicuro se tornassi indietro non lo rifarei, perché con il 4-2-4 abbiamo favorito il Milan». A Mediaset gli domandano se si senta in discussione dopo questa sconfitta: «E’ una domanda che mi piace e che non mi piace. Siamo tutti in discussione. La verità è che dobbiamo stare zitti e lavorare. Abbiamo i mezzi per entrare in Champions e anche per restarci, se vinceremo il ritorno con lo Shakhtar. Certo non con questo tipo di partite».