Da una parte Reja che vuole saldare il debito con i tifosi, dopo aver perso gli ultimi 4 dei 5 derby consecutivi finiti con un ko della Lazio («sogno una vittoria e bisogna credere nei sogni, in passato siamo stati puniti dagli episodi»). Dall’altra il «debuttante» Luis Enrique che vive all’Olgiata, a due passi dal quartier generale biancoceleste, e che ha già capito il significato della stracittadina («è una partita speciale, i tifosi mi hanno ripetuto per tutta la settimana “mi raccomando, è la sfida…”, ma la Roma è pronta, faremo di tutto per vincere, il derby arriva al momento giusto»). La particolarità di questo derby è che dopo tantissimi anni Lazio e Roma lo giocano con gli stessi punti in classifica (otto). E dopo qualche tempo, si tornerà in campo alla luce dei riflettori, con qualche precauzione preventiva: la chiusura parziale della Tribuna Tevere, riservata a donne, bambini e abbonati, e il mancato volo dell’aquila Olympia, simbolo biancoceleste. Sarà una stracittadina con sempre meno romani (l’assenza di Totti abbasserà il numero a due, i giallorossi De Rossi e Rosi), sempre più stranieri (23 tra Lazio e Roma) e un nugolodi esordienti (17 più Luis Enrique). E Reja, chiamato in causa da Totti con una battuta («è l’uomo derby, un portafortuna…) riferendosi alla serie negativa dell’allenatore laziale, replica in maniera signorile: «Mi dispiace che non ci sia perché è un derby importante. Totti è un giocatore di gran classe, quando gioca…». «So che a Roma sul derby si scherza molto, la rivalità è forte, ma io ho il massimo rispetto dei colleghi», il fair play di Luis Enrique.
Il Giornale
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