La lettera da Regina Coeli è datata 13 aprile e nell’intestazione riporta i destinatari: «Alla sindaca Virginia Raggi, al vicepresidente vicario dell’Assemblea capitolina, ai Consiglieri, al Segretario generale». Marcello De Vito rompe il silenzio. Scrive di suo pugno 4 fogli resi noti solo ieri, a 35 giorni dal suo arresto per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sullo Stadio della Roma che ha coinciso col tentativo del M5S di cancellarne quasi la figura, espulso a poche ore dalle manette direttamente dal capo politico del Movimento, Luigi Di Maio. E invece De Vito torna a farsi sentire in una lettera indirizzata ai suoi ex «amici» con la quale annuncia di non volersi dimettere dalla carica di presidente dell’Aula Giulio Cesare, incarico che potrebbe tornare a ricoprire quando cesseranno, a giudizio della magistratura, le esigenze cautelari. «Ho pensato spesso di dimettermi ma non posso, non voglio e non debbo farlo. Credo con forza nella giustizia e giustizia chiedo». Una mossa che getta ancora di più nell’imbarazzo la maggioranza pentastellata in Campidoglio, titubante nello sfiduciarlo dalla carica (operazione prevista dal regolamento e sulla quale era stato richiesto un parere al segretario generale del Comune) proprio per il rischio di un contenzioso. Già, perché De Vito attualmente è sì in carcere ma ancora da indagato. «Mi sono chiesto cosa potrebbe decidere il nostro leader — scrive ancora da Regina Coeli — per se stesso, ove fosse sottoposto a un giudizio. Sicuramente proporrebbe un quesito ad hoc, come quello ideato sul caso Salvini-Diciotti, da sottoporre al voto on line». Parole nette con le quali il primo candidato sindaco del Movimento a Roma prova a ribadire la sua innocenza: «Sono pronto per il giudizio, non sono corrotto né corruttibile. Nell’immediato ho provato rabbia e delusione per le parole di abbandono degli “amici”». Lo scrive La Repubblica.