Il Messaggero (A. Angeloni) – “Noi, però, siamo la Roma”. Qui c’è tutto Daniele De Rossi, il tifoso della Roma, il suo giocatore, il capitano, e ora l’allenatore. Daniele è sempre più calato nella parte, spigliato, sveglio. Davanti a sé, l’amico Roberto De Zerbi, compagno di passione guardioliana e stimato collega. Stasera uno contro l’altro, in un Olimpico pieno, per l’andata degli ottavi di Europa League. Ma non è questo l’habitat della Roma. “L’ultima gara che abbiamo giocato in Champions come Roma c’ero io in campo e a me sembra di aver smesso da vent’anni e da quel giorno non ha più fatto una partita ed è inaccettabile. La Roma deve stare a quei livelli soprattutto in virtù del fatto che adesso a livello societario stiamo meglio di quando io l’ho lasciata sia come investimenti e come giocatori e come ingaggi. La Roma non può arrivare sotto al quarto posto nel campionato italiano per i valori che ha”, così Daniele, tecnico dei giallorossi, sempre meno di passaggio.
De Rossi è consapevole della forza della Roma e non solo per le sei vittorie su sette in campionato. Aspetta di capire come giocherà il suo avversario, in ballo ci sono due opportunità, una con Smalling (difesa a tre), una senza l’inglese ma con ElSha, difesa a quattro e tre attaccanti. “Non abbiamo fatto ancora nulla. Nessuno meglio di me conosce questa città che può cambiare i giudizi in un nanosecondo. La squadra comunque crede in quello che chiedo”. Dall’altra parte, un amico, un punto di riferimento, un altro figlio di Guardiola, modello di tutti, forse di tanti.
Anche di Daniele. “Ho un ottimo rapporto con De Zerbi. Ha idee brillanti ed è un allenatore diverso”. Vincere è importante pure per il ranking Uefa, che sta diventando l’ossessione moderna per la Roma e non solo. “Lo guardiamo il giusto come una storiella che ci raccontano che se vi comportate bene vi facciamo questo regalo. A noi non cambia niente, dobbiamo vincere, se vince un’italiana in Europa aldilà delle rivalità tra i tifosi può essere un vantaggio”.