Sport Week (L. Garlando) – Caro Daniele De Rossi, con questa mia provo a indovinare la tempesta di emozioni che l’ha accompagnata al derby di oggi, il primo da allenatore dell’AS Roma. Immagino che la scatola dei ricordi si sia rovesciata, come quelle dei cioccolatini, e frammenti di derby si siano sparpagliati dappertutto.
Dai primi vissuti nelle giovanili, a 16 anni, agli ultimi nel dopo-Totti, con la fascia di capitano al braccia. Vent’anni in giallorosso a battagliare per il dominio dell’Urbe. Un primo, piccolo, morso a 20 anni, novembre 2003. Capello la fece entrare due minuti dopo l’indimenticato gol di tacco di Mancini, quando mancavano solo 7′ al termine. Fece in tempo a vedere da vicino il raddoppio di Emerson.
Ma anche quello del novembre 2010, griffato dai rigori di Borriello e Vucinic e festeggiato a cavalcioni del cancello della Curva Sud, immagine iconica nell’immaginario giallorosso. E poi il primo derby da capitano, ottobre 2011, e quello del primo gol, di testa, mai festeggiato, perché la Roma stava sotto di due gol. Solo uno scatto rabbioso per recuperare la palla in rete e riportarla a centrocampo.
Ma il vero derby che la rappresenta, caro Daniele, è quello che lei visse in Curva Sud con i suoi amici, tra i quali Valerio Mastandrea, nel gennaio 2020. Innamorato tra gli innamorati, ma irriconoscibile, grazie all’ottimo lavoro del truccatore che l’aveva dotata di capelli lunghi biondi, occhiali spessi e nasone con neo. Quanto batte il cuore, Daniele? Riuscirà a tenere le mani in tasca come ha sempre fatto, nel suo outfit austero, da chansonnier francese?