La Repubblica (A. Campana-L.Monaco) – Da Tirana a Roma, al triplice fischio dell’arbitro esplode la festa. Un grido di gioia ha attraversato la penisola e l’Adriatico e ha unito i 10mila in curva a Tirana e i 49.895 cuori giallorossi che si sono assiepati davanti ai sei maxischermi allestiti all’Olimpico. Ora, e per chissà quanti altri giorni ancora, “Roma/Roma”, l’inno di Antonello Venditti, risuona da ponte Milvio a piazza del Popolo, fino all’Eur.
I fuochi d’artificio illuminano il cielo, i 50mila dell’Olimpico scavalcano le recinzioni e corrono sull’erba, come nel giorno dell’ultimo scudetto, il 17 giugno del 2001. Chi la finale l’ha vista in casa corre in centro e si tuffa nelle fontane. Festeggiano gli ultrà nel settore ospiti a Tirana. Ma la gioia è incontenibile anche qui a Roma, in curva Sud, in Tevere, in Monte Mario e nel resto della città già impazzita. Ci si lascia andare ai caroselli sul Lungotevere, dal Foro Italico a Testaccio, in attesa che oggi la squadra esponga al pubblico la coppa della Conference league al Circo Massimo.
Alle 17.30, l’ora della gioia. Allo stadio Olimpico le bandiere giallorosse ondeggiavano al vento come se la Roma avesse vinto il trofeo sul quel prato. Mentre gli 80 agenti della polizia locale iniziano a lavorare per governare gli eccessi dei festeggiamenti in centro, le voci di chi ha assistito alla “partita che non c’è”, incitando una squadra che giocava altrove, raccontano “la pazza gioia di essere romanisti“.
Cosa significa la fede che i più integralisti del tifo definiscono «romanismo» lo spiegano gli sguardi commossi di Giorgio e Andrea Landolfi. Due fratelli nati e cresciuti in via XX Settembre. “Oggi abbiamo scritto la storia – esclamano – viviamo a Milano. Non siamo riusciti a prendere il biglietto per Tirana, quando abbiamo letto che la Roma apriva il nostro stadio non ci abbiamo pensato due volte: ci siamo fatti 600 chilometri tutti d’un fiato pur di essere qui”. Al centro della festa. Nell’impianto dove il 22 maggio del 1991 avevano dovuto assistere alla sconfitta in finale di coppa Uefa contro l’Inter di Giovanni Trapattoni. Oggi no. Oggi è diverso.
Notte di coppa e di campioni. Il gol di Nicolò Zaniolo, “figlio di Roma” (anche se è nato a Massa) non lo dimenticheranno mai i figli di Salvatore e Laura, arrivati da San Basilio per assistere alla partita in curva Sud. “Loro sono ancora freschi — dice il padre, un impiegato — io ne ho vissute tante, troppe”. Ma una notte così, mai. Allora le ugole vibrano. E il coro nato su un bus prima di Atalanta-Roma risuona ai quattro angoli di Roma: “Non mi stanco mai di te/ forza grande Roma alè“.