Il Messaggero (B.Saccà) – Dopo aver tanto viaggiato, sorvolando le terre delle fantasie e delle variazioni tattiche, il campionato di calcio è tornato a percorrere i sentieri più conosciuti – e vicini alla propria natura. D’un tratto il tempo del falso nueve, delle mezze punte, dei trequartisti è scivolato indietro lungo la via dell’attualità. L’antico si è ripiegato ed è diventato moderno. Sulla Serie A, così, adesso, regnano di nuovo – e senza cautele – i veri attaccanti. Meglio: le punte che segnano tanto. Per capirsi, i nomi piovono dal paese delle meraviglie: e volano da Paulo Dybala a Ciro Immobile, da Mauro Icardi a Dries Mertens, da Edin Dzeko a Patrick Cutrone. Impazienti, realizzano oceani di gol, regalano promesse, luccicano di talento. E i numeri spiegano la tendenza. Dybala, in particolare, ogni settimana sbriciola aggettivi e previsioni: ora comanda la classifica dei marcatori con otto reti firmate in quatto partite. Nessuno nella storia della Juventus – in quasi 120 anni – ne era stato capace. Anzi, nel mito dell’intera A, soltanto l’interista Angelillo ha saputo segnare di più nei quattro impegni in avvio del torneo; e cioè: 11 reti nel 1958. Addirittura dal 2005, invece, un giocatore non andava a bersaglio in tutte le prime quattro giornate. Era stato Luca Toni, l’ultimo: infatti, al chiudersi della stagione, si laureò capocannoniere con 31 centri. Inevitabilmente, quindi, sfruttando il talento di Paulo, i bianconeri di Allegri si sono arrampicati sulla cima della classifica con il Napoli di Sarri e con l’Inter di Spalletti. Segnala inoltre l’agenzia Opta che era perfino dal ‘59 che la Juve non segnava almeno 13 gol, alla quarta curva della stagione. È chiaro insomma che il dominare di Dybala si rifletta sullo sfrecciare della Juve: tanto che incolmabile, al momento, appare il divario sancito dall’argentino rispetto al resto dei colleghi – e soprattutto al suo collega argentino e juventino Higuain, ormai un ritratto sbiadito di sé. Ad impressionare però è anche la facilità con cui Immobile ha preso per mano la Lazio, accompagnandola là dove abita la felicità. Secondo tra i marcatori con sei gol, deve aver scoperto il segreto della felicità realizzativa grazie a Inzaghi, un tipo che può insegnare… Lo imita, in questa particolare abitudine, pure Icardi, autore finora di cinque gol. Quanto a Mertens, domenica ha triturato il piccolo Benevento servendogli una tripletta senza remissione. Tuttavia qui affiora la domanda che ciascuno immagina, pochi pongono e nessuno risolve. Ovvero. Si segna a dismisura perché sono bravi gli attaccanti o pessime le difese? Le ipotesi si direbbero entrambe vere: certo, sempre più spesso, sembrano meno bravi i difensori (e i portieri) che fenomenali i centravanti. E stupisce, tra l’altro, che dopo appena 360’ giocati il capocannoniere abbia segnato otto gol, mentre i diretti inseguitori, addirittura 6 e 5. Da loro dipendono e dipenderanno i destini delle squadre e l’esito della corsa verso lo scudetto.
ECCO EDIN – Di sicuro, comunque, a Roma, Dzeko ha ricevuto pochi privilegi per decollare a quota tre reti. Se le è costruite, le ha meritate, gli è venuto facile trasformarle in gesti utili alla squadra. I tifosi giallorossi non lo amano particolarmente, va detto. Però lui replica sereno applicando, a ogni partita, le tonnellate di professionalità che d’altronde gli hanno permesso di siglare 52 reti in 94 partite. Di Cutrone e di Kalinic, infine, il Milan di Montella ha imparato a beneficiare con il passare delle giornate: ormai i loro gol sono appuntamenti, spesso sentenze, mai banalità. Non si fermeranno, se nessuno li fermerà.