Il Tempo (S. Pieretti) – Il Capo dei capi è ancora lì, sul trono del mondo. In attesa di uno scrutinio segreto che tanto segreto non è: verrà rieletto. Gli è crollato il mondo addosso, ha fatto un piccolo passo per evitare di essere schiacciato e ora – scrollandosi di dosso quel poco di polvere che gli si è posata sulla giacca – si gode un nuovo quadriennio al potere.
Sepp Blatter resta in piedi, nonostante la vecchia Europa gli sia contro: a nulla è valso l’invito del Premier inglese Cameron a fare un passo indietro dopo la bufera sollevata dall’Fbi, e non è bastato neanche l’appello del presidente dell’Uefa Michael Platini. «La volontà della Fifa di voler omogeneizzare tutto è pericolosa e fuori dalla realtà – afferma il francese nella sua biografia ufficiale – c’è un momento in cui l’eccesso di trasversalità non ha più senso. La Fifa è come presa dalla vertigine della gestione per la gestione, dell’amministrazione per l’amministrazione, dell’autorità per l’autorità. Credo che il campo dell’amministrazione della Fifa sia da rivedere». Nulla da rivedere, perché a Blatter i conti tornano.
I più grandi nemici del grande capo sono gli ex calciatori, coloro i quali cercano di difendere il calcio dalle logiche manageriali. Meno politico, e più guerrigliero è Diego Armando Maradona che da anni ha iniziato la sua battaglia personale. «Blatter è un ladro». Il fuoriclasse argentino non ha usato mezzi termini commentando la retata dell’Fbi nell’hotel di Zurigo che ospitava i massimi dirigenti della Fifa. Una guerra che parte da lontano: la Fifa spinge Maradona in campo per riempire gli stadi statunitensi, l’argentino accetta, ma qualcosa nell’accordo va storto. Positivo all’efedrina, l’argentino viene gettato via come uno straccio vecchio: Blatter era il segretario generale della Fifa, il gran cerimoniere di quel Mondiale.
Due tra i più grandi fuoriclasse della storia pedatoria sono all’opposizione, ed è un’opposizione feroce: il mondo del calcio dovrebbe interrogarsi. Ma non ci sono soltanto ex calciatori tra i nemici di Blatter. Il primo a lanciare il guanto di sfida allo svizzero fu Zen Ruffinen, ex segretario generale della Fifa che nel 2002 aprì il vaso di Pandora presentando un dossier di ventuno pagine con oltre trecento allegati che denunciavano le malefatte di Blatter che – secondo Ruffinen – avrebbe comprato con fondi illeciti i voti delle federazioni del Nord e del Centro America, dei Caraibi e della Federazione russa. Pratica archiviata, Zen Ruffinen licenziato in tronco dalla Fifa, prende forma una nuova santa alleanza con gli ex oppositori in nome di una spartizione munifica per tutti. Da allora l’esercito dei nemici è aumentato, ma non quanto quello degli amici; Blatter ha avuto la capacità di coinvolgere dirigenti di paesi ambiziosi, ma distanti anni luce dalla tradizione calcistica: non è un caso che nell’esecutivo della Fifa non sia presente un dirigente inglese (il football lo hanno inventato loro) né un italiano.
In compenso ci sono rappresentanti di Cipro, Bahrein, Thailandia, Burundi, Guatemala, Papua Nuova Guinea. E proprio ai voti di queste piccole federazioni che oggi l’ex colonnello svizzero verrà rieletto per il suo quinto mandato. Ma l’inchiesta dell’Fbi è solo all’inizio, entro quattro anni potrebbero esserci novità.