Nessuna coreografia, nessuna contestazione, domenica in Curva Sud ci sarà soltanto Curva Sud. Cioè più o meno tutto quel che resta di vero e poetico di questo mondo (non solo del pallone, s’intenda). Perché quando una Curva è quello che canta è una grande curva, così come quando una persona è quello che racconta di essere. Vecchie maniere. Gola, sciarpe, bandiere. Se possibile qualche fumogeno, come sempre e di straforo. All’andata fu impressionante tutto quel fumo giallo rosso arancio, quell’odore acre di calcio e comunione prima della partita che resta un accessorio oltre al fatto d’essere il motivo per cui uno sta lì. La Roma. Un sentimento. La Curva Sud. Un modo d’essere. Senza modo. Vecchie maniere. Gola, sciarpe, bandiere. Se possibile qualche fumogeno: per quelli all’andata vennero diffidati dei ragazzi colpevoli di voler colorare il mondo (non solo del pallone, s’intenda). Ecco, dunque, il derby della Curva Sud sarà il derby della nostra immaginazione, quello per cui esci di casa, ti vai a spizzare il sole di Roma (pure se non c’è) i riti con gli amici, ti ricordi i ricordi di tanta Roma, e magari proprio quella volta lì che somiglia forse a questa qui, chissà… per arrivare alla fine, dopo l’ultimo gradino a quel posto fatto apposta per dare tutto, senza misure, senza maniere, il posto dei posti, dal quale vennero cacciati i laziali l’11 marzo 1973, la seconda cacciata dall’Eden dopo quella di Adamo ed Eva. Coglilo tu il paragone Lamela.
Nel caso della Curva Sud siamo ancora alla Genesi del tifo. “Noi baluardo dell’essere, voi simbolo dell’apparire” era lo striscione esposto ai dirimpettai la notte del 16 ottobre. Scontro fra pronomi e fra visioni. I ragazzi della Sud hanno deciso da tempo di restare il più possibile vicini all’idea originaria (e originale) del movimento ultrà: sentimento, valori, voglia di stupire, fedeltà, goliardia, amicizia senza compromessi, senza mediazioni tanto più con queste istituzioni che ti chiedono di mandare un fax al ministro di turno della Pubblica Ottusità per poter dire, magari, un Ti amo. E’ successo. Oggi sarebbe reato. Diffidati per una dichiarazione d’amore. E’ successo quando si poteva andare allo stadio persino coi propri figli e deciderlo all’ultimo momento, perché magari quella mattina c’era il sole veramente, nella preistoria in cui la passeggiata fra il Lungotevere e quella Cosa di marmo bianco era possibile, libera, sena pre-filtraggi, gabbie gialle, tornelli, scanner umani: oggi devi farti l’analisi del sangue, capire che targa hai e guardare il numero della Tessera buona soprattutto per andare all’Upim dove si smercia il pensiero dominante e slogan preconfezionati o cartoline d’epoca, magari di una Curva che scriveva Ti Amo. La Curva Sud domenica sarà Curva Sud: nessuna coreografia, solo gola, sciarpe e bandiere. Il cuore non costa e non si vende. O ce l’hai o meno. I laziali, si dice, invece stiano ancora cercando i soldi per mettersi in ghingheri. La vanità, si sa, è il loro peccato preferito. Per questo vennero cacciati dal posto dove semplicemente si è.
Il Romanista – Tonino Cagnucci