Corriere dello Sport (R. Maida) – Dopo la finalina di domani contro l’Olanda di Wijnaldum potrà godersi finalmente la famiglia e il relax. Ristori meritati, al termine di una stagione infinita: Bryan Cristante è stato l’inossidabile di José Mourinho, sempre presente o quasi nella Roma che ha lottato fino all’ultimo per un traguardo storico, pur pagando il prezzo infido di un campionato mediocre.
E quando si è trattato di calciare il primo rigore contro il Siviglia, a Budapest, in una finale dolorosa, non si è tirato indietro anche se aveva sbagliato contro l’Udinese. Beh, Cristante è stato l’unico romanista a segnare. Se Mancini e Ibañez fossero riusciti a imitarlo, forse oggi non staremmo ancora qui a parlare dell’arbitraggio osceno di Taylor.
Mediano, mezzala o anche difensore centrale, come ai tempi di Fonseca. Non ha mai tradito in nessun punto del campo. Anzi è più giusto dire che con Mourinho sia diventato uno dei giocatori più importanti della squadra. Uno di quelli che negli schemini estivi del calciomercato finiscono sempre in panchina. E che poi invece giocano sempre mentre gli altri più decantati colleghi lo guardano pilotare la squadra. La Roma gli ha concesso 53 presenze complessive per un totale di 4.323 minuti. In Europa League, il core business di Mourinho, è stato l’unico calciato re della rosa a esserci sempre: 15 volte, di cui 14 da titolare. Ha saltato solo il primo tempo della partita di ritorno contro il Ludogorets. Per il resto è stato irrinunciabile, instancabile, intoccabile.
L’estate scorsa Mourinho si lamentò perché sapeva che Bryan era considerato uno dei giocatori eventualmente sacrificabili sul mercato. Per fortuna della Roma però una proposta vera, seria, non è arrivata. E così Cristante a novembre ha incontrato la società e ha rinnovato il contratto fino al 2027 a 3 milioni netti a stagione. A 28 anni, nel pieno della maturità fisica e atletica, ha deciso di legarsi a lungo alla squadra e alla città “perché adesso il club ha programmi chiari e un progetto ambizioso”.
Per l’allenatore è uno dei tre capitani, insieme a Pellegrini e Mancini che sono suoi amici, per i compagni un punto di riferimento prezioso anche sotto l’aspetto caratteriale. Ma anche per la Serie A è un calciatore speciale: è stato lui a vincere la classifica dei contrasti, 113 in tutto di cui 62 vinti, a testimonianza di un comportamento aggressivo e coraggioso quando la palla è nei piedi degli avversari. Nessun altro romanista ha primeggiato in una specialità, almeno in campionato. Gli sono mancati i gol, è vero: ha segnato il primo in stagione a Salerno e poi nulla. Ma per il ruolo che occupa, sarebbe stato difficile fare meglio.