Settantasette giorni, tanto è passato dall’ultima vittoria casalinga della Roma al malinconico pareggio di ieri con il Parma. All’epoca era il 30 novembre scorso, 4-2 all’Inter. Poi in campionato sono arrivati 5 pareggi consecutivi (e non succedeva da quasi dieci anni, l’ultima volta a maggio 2005), uno in Coppa Italia (contro l’Empoli, gara poi vinta ai supplementari) e la sconfitta di Champions League contro il Manchester City. Basterebbe questa striscia per disegnare la crisi della Roma, che però si allunga ancora più in là, considerando che in mezzo c’è anche l’eliminazione ai quarti di Coppa Italia (con la Fiorentina) e una squadra che sembra aver smarrito la strada del gol. Da quel Roma-Inter ne sono arrivati solo 12 in 13 partite, in sostanza 0,92 ad incontro. Considerando che prima, tra campionato e Champions, aveva messo a segno 34 gol in 18 partite (1,88 di media a gara), l’involuzione è evidente: la Roma segna la metà dei gol di prima.
SENZA CONCRETEZZA – «Questa volta non abbiamo alibi, dobbiamo migliorare — dice alla fine Garcia — Se facciamo 20 tiri in porta e solo 4 nello specchio, evidentemente qualcosa che non va c’è». Già, iniziando dall’involuzione nel gioco, meno fluido e più compassato di prima, a cominciare da quando la manovra ristagna tra difesa e centrocampo e non trova respiro ed ampiezza. Ieri, proprio per risolvere il problema del gol, il francese ha scelto la squadra più offensiva possibile, rischiando da subito siaGervinho sia Doumbia, a Roma entrambi solo da venerdì e con appena un allenamento nelle gambe. «Hanno appena vinto la Coppa d’Africa, pensavo che il loro entusiasmo potesse essere una cosa buona — continua l’allenatore giallorosso — Gervinho ha portato quello che sa fare, Doumbia non può essere giudicato: non ha colpe, era sottoritmo, ma veniva da tanti viaggi. Solo che con tutti quei cross avevamo bisogno di un giocatore d’area. lui lo è. E vedrete che segnerà tanto».
FISCHI E INSULTI – Già, intanto però Doumbia ieri è stato mandato allo sbaraglio, uscendo tra ifischi di uno stadio intero. Quasi un primato, per un debuttante alla prima nella Roma. C’è da dire che Doumbia ci ha messo del suo, sembrando impacciato, a tratti goffo, sicuramente inconcludente: ha toccato 18 palloni, di cui la metà (9) li ha persi, senza tirare mai in porta. Non proprio una gara da centravanti, insomma, con la Roma che è l’unica squadra a non aver segnato al Parma in casa. Ed infatti i fischi sono arrivati impietosi, proprio come sono piovuti sulla squadra a fine gara, con la gente giallorossa stanca di una squadra che sembra non avere più neanche un’anima. «I fischi sono normali, il pubblico vuole vedere la squadra vincere, la gente è delusa proprio come lo siamo noi — insiste Garcia — Ma ai tifosi dico che con loro siamo più forti, anche dopo un risultato brutto come questo dobbiamo restare uniti». A leggere i commenti volati via dal fischio finale in poi sui vari social network (compresi quelli ufficiali della Roma, alcuni davvero molto poco british), non sembra che sia proprio questo l’umore della tifoseria.
CERCASI ENTUSIASMO – Insomma, la vittoria di Cagliari è stata solo una dolce illusione, la Roma resta malata eccome. Per riprendersi avrebbe bisogno prima di tutto di una bella iniezione di entusiasmo. Quella che ad esempio, proprio a Cagliari, gli ha dato Verde. Ieri Garcia lo ha voluto proteggere, spedendolo in campo solo quando non aveva più alternative. E anche ieri Verde ha comunque dato brio e freschezza alla manovra d’attacco («Ha cementato delle sicurezze, abbiamo bisogno del suo entusiasmo»). Magari, per rovesciare la crisi Garcia da oggi in poi potrà affidarsi un po’ di più proprio ai giovani, dando più spazio per esempio a Paredes e Sanabria. Almeno per capire se l’entusiasmo potrà essere la medicina giusta o meno.
La Gazzetta dello Sport – A. Pugliese