Il Tempo (L. Pes) – La Roma protesta, l’Aia risponde. Anche se il problema arbitrale in Italia non riguarda soltanto i giallorossi ma comprende, di fatto, una serie di episodi quantomeno controversi che hanno, però, un tema in comune: l’uniformità. Questione quantomai delicata e che, soprattutto negli ultimi anni, ma in generale da quando esiste il Var resta l’eterna missione incompiuta degli arbitri italiani. Ghisolfi al termine di Monza-Roma è andato a muso duro davanti alle telecamere a protestare. Un gesto significativo che, speriamo, possa aprire un nuovo corso nel quale il club, a differenza degli ultimi anni (Budapest in testa), torni a far sentire la propria voce.
A quarantotto ore, quasi, dalle lamentele giallorosse, sono arrivate le parole del designatore Rocchi, che ha analizzato più in generale tutto il turno di campionato da San Siro, dove ieri è andata in scena la nuova edizione del “Codice di Giustizia Sportiva FIGC”.
“Soddisfatto degli arbitraggi dell’ultima giornata? No! La formazione è fondamentale, specialmente in un gruppo. Noi siamo 46 arbitri: o metto un chip dentro ciascuno di loro, oppure ognuno ha una testa pensante e una sua filosofia. L’obiettivo è avere una linea comune: possono essere liberi di rappresentare il proprio pensiero, ma se prendiamo una decisione va seguita tutti insieme. L’ideale sarebbe avere omogeneità al cento per cento, ma è praticamente impossibile. Si tratta di essere umani. Anche con una norma scritta benissimo, resta a chi giudica la possibilità di interpretazione“.
Il contatto tra Kyriakopoulos e Baldanzi, da questo punto di vista, si prende la copertina. Troppo evidente l’errore di La Penna e Aureliano, che riapre il dibattito sulla possibilità di inserire il Var a chiamata a tutela delle squadre. Su questo, Rocchi sembra aumentare la possibilità di cambiare idea rispetto all’inizio. “Il Var a chiamata è una soluzione alternativa, potrebbe essere una soluzione complementare per aiutare l’arbitro a trovare una decisione corretta“.