Cori, insulti e sfottò. Ma pure sassi, sputi e altri manichini…

La Gazzetta dello Sport (C.Zucchelli) – I cori contro Paparelli, e le scritte «1, 10, 100, 1000». La falsa notizia del bambino morto prima di una partita (2004), i cori razzisti durante le partite della Primavera (varie volte, l’ultima nel 2015) e ovviamente quelle della prima squadra (Juan rispose in malo modo), quelli in cui si parla di «uccidere l’avversario» e i colloqui in cui si chiede di scendere in campo come se fosse «una guerra etnica», nel 2016. E poi, ancora: le aggressioni verbali ai giocatori al ristorante (Zago ancora oggi ricorda quando gli ultrà della Lazio gli si misero davanti a cena nel 2001), quelle con le pietre e le uova (come successe al pullman della Roma dopo il derby del 26 maggio, ma da parte dei propri sostenitori, non dei rivali) e persino qualche insulto davanti a mogli e figli. Spesso il derby di Roma, la partita che tutti i calciatori e gli allenatori, appena arrivano nella capitale, definiscono «unica e speciale» è andata oltre le righe, in un senso o nell’altro, nei confronti della propria squadra e anche nei confronti di quella avversaria.

TUTTO GIÀ VISTO – E spesso le cose si ripetono: i manichini, ad esempio, non sono una novità visto che nel 1996 i laziali ne fecero uno, allo stadio, con la maglia di Giannini, che dalla curva Nord doveva arrivare verso la Sud. I romanisti reagirono con dei razzi, arrivando anche a scontrarsi con la polizia perché cercarono di scavalcare il loro settore per andare a prendere la maglia dal fantoccio. L’ironia, che è sempre stata una prerogativa del derby romano, così come il romanticismo e il sano sfottò tra la Lazio che rivendica di essere nata 27 anni prima e la Roma che rinfaccia ai rivali gli undici anni di Serie B o l’autogol di Paolo Negro, ha lasciato spazio a iniziative spesso viste e riviste: il funerale della Lazio organizzato dai romanisti in occasione dello scudetto del 2001, con tanto di tifosi che entrarono di notte a Formello con il simbolo delle forbici per scucire lo scudetto, oppure, dopo il derby del 26 maggio, i laziali che non entrarono in Nord dicendo che per loro si trattava di un «Memorial derby». Mai, però, lo sfottò era sembrato così macabro e mai aveva fatto il giro del mondo come successo ieri.

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