Il Tempo (M. De Feudis) – Giacca scura, jeans, camicia celeste senza cravatta. Una leggera attesa nelle stanze della polizia giudiziaria e poi la deposizione come teste al processo barese sul calcioscommesse. Poi un dribbling secco (raro nella sua carriera di centrocampista) per evitare le telecamere e lasciare il Tribunale da un varco nel vicino cantiere stradale. Una settimana dopo Berlusconi, stessa aula e stessa sedia per il ct della nazionale Antonio Conte. L’allenatore salentino è stato ascoltato come teste nel processo per le presunte combine di due gare dei pugliesi che guidava nel torneo 2007-2008 (Bari-Treviso) e 2008-2009 (Salernitana-Bari), procedimento nel quale non è stato mai indagato ma sentito nelle indagini come persona informata dei fatti (a Cremona, invece, la Procura ha chiesto il suo rinvio a giudizio per frode sportiva). Secondo l’impianto accusatorio dei magistrati baresi le partite furono vendute per oltre duecentomila euro.
È arrivato intorno alle dieci e ha deposto per circa quarantacinque minuti dopo la testimonianza di Alessandro Gazzi, centrocampista del Torino, ai tempi pilastro del Bari. Davanti al giudice Domenico Mascolo, la tradizionale spavalderia del ct si è tramutata in didascalica voglia di spiegare il suo credo calcistico, negando ogni percezione degli artifici raccontati da Andrea Masiello e Marco Esposito per taroccare le gare in questione.
Conte arrivò a Bari dopo una stagione flop ad Arezzo, subentrando a Beppe Materazzi, reo di aver perso 4-0 il derby con il Lecce. Alla fine, secondo l’accusa ci fu un partita truccata (Bari-Treviso), ma per Conte fu «una stagione esaltante: si concluse con la squadra che, dopo un bellissimo percorso, fu addirittura giudice della promozione, favorendo di fatto il Bologna». Poi ogni occasione è stata utilizzata per sfoggiare pillole del Conte-pensiero: «Facevo cazziatoni per far alzare i giri alla squadra»; «All’inizio della partita voglio silenzio e grande concentrazione. Se sento schiamazzi posso anche decidere di cambiare la formazione all’ultimo momento». Incalzato dalle domande dell’avvocato Piero Nacci Manara, difensore di alcuni calciatori imputati per frode sportiva, Conte ha così risposto alla domanda se avesse avuto contezza di comportamenti volti a truccare le partite: «No, lo escludo categoricamente». Il quesito gli è stato formulato sia per la gara con i veneti che per la partita con la Salernitana, della quale a causa del gemellaggio tra curve ha serbato un ricordo curioso: «C’era un clima di festa. I nostri tifosi esultavano sia per i gol del Bari che per quelli dei campani». Il passaggio clou della deposizione di Conte riguarda il rapporto con Cristian Stellini, suo secondo nella Juventus quando fu aperta l’inchiesta barese. Tra i due il congedo fu brusco. Conte lo «cacciò» dalla sua stanza: «Stellini mi disse che voleva parlarmi di qualcosa che era successo nella partita con la Salernitana, ma io gli dissi che non volevo sapere niente e di andare via. Poi lui si dimise». Infine la deposizione di Alessandro Gazzi. Dopo la presunta combine contro la Salernitana, Stellini ed Esposito gli regalarono un pc: «Trovai un computer nello spogliatoio al mio posto. “Un regalo” mi dissero – ha ricostruito – e pensai che era perché avevo giocato la mia prima partita da capitano dopo cinque anni che ero al Bari. Ero imbarazzato e lo lasciai lì». Il giudice è sobbalzato: «Poteva accettarlo o restituirlo immediatamente». Gazzi: «Sono introverso. Il giorno dopo, pensando che fosse una scortesia nei confronti della squadra, decisi di prenderlo».