La Gazzetta dello Sport (M. Spini) – Tre anni al capo ultrà e altri 48 condannati. Il maxiprocesso bergamasco si è chiuso ieri con un colpo di scena e con la sentenza: Claudio «Bocia» Galimberti è stato condannato a tre anni (il pm ne aveva chiesti sei), con attenuanti generiche. In totale sono 48 gli imputati per cui è stato emesso il verdetto di colpevolezza, che complessivamente dovranno scontare più di 48 anni: tra loro, anche il sindaco di Gandosso Alberto Maffi (otto mesi), che aveva fatto da vedetta in occasione degli scontri di Atalanta-Inter del dicembre 2009. Le accuse riguardavano diversi episodi: tra gli altri, gli scontri post-Inter e post-Catania (stagione 2009-2010) e l’assalto alla Berghem Fest di Alzano. Nel processo erano coinvolti anche 56 tifosi del Catania: per loro, sanzioni pecuniarie. Si tratta del primo troncone del processo portato avanti dal pm Carmen Pugliese: il 18 giugno inizierà la seconda parte, quella in cui viene contestata l’associazione per delinquere allo stesso Galimberti e a cinque suoi fedelissimi, con il segretario provinciale della Lega Nord, Daniele Belotti, accusato di concorso esterno.
QUERELA RITIRATA Ieri si è arrivati alla sentenza, in una mattinata caratterizzata da un colpo di scena: qualche ora prima, l’avvocato difensore Federico Riva, infatti, ha comunicato al giudice e al pm che il presidente Antonio Percassi ha ritirato la querela relativa all’irruzione a Zingonia del 4 maggio 2010 (l’accusa era di violazione di domicilio e danneggiamento). Un procedimento che era stato avviato da Alessandro Ruggeri, ai tempi presidente. Una decisione che nessuno, in aula, si sarebbe aspettato: «Gli imputati hanno raggiunto un accordo con l’Atalanta concretizzatosi all’ultimo, ma che ha alle spalle alcuni mesi di confronto», ha spiegato Riva. Il club ha rinunciato al risarcimento economico prendendo una posizione inaspettata: il giudice, comunque, si sarebbe poi espresso con l’assoluzione per tutti gli imputati su Zingonia.
LA LETTERA Il retroscena lo spiega il dg Pierpaolo Marino: «Il 18 marzo l’Atalanta ricevette una lettera toccante da parte dei tifosi che erano stati querelati: si dicevano pentiti e disposti a risarcire la società lavorando a Zingonia. Accettando questo pentimento, abbiamo deciso di rivolgerci alla Caritas, che il 23 marzo ci ha confermato la disponibilità per un percorso di redenzione: l’accordo era chiaro da quella data, poi sono stati i tempi tecnici a fare slittare tutto all’ultimo». Il club nerazzurro torna a battere la strada del perdono attraverso la redenzione, come già accaduto con Masiello, in campo dopo la squalifica per il calcioscommesse: «Non abbiamo subito alcun tipo di pressione. Cestinare la lettera sarebbe stato un errore: dobbiamo mirare al recupero di chi può essere recuperato. Oltretutto l’assoluzione da parte del giudice ha spiegato che la querela sarebbe stata un buco nell’acqua», continua Marino. C’è chi giura che nella vicenda ci sia stato il contributo di Giorgio Ghilardi, ex direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale giovanile, che anni fa abbandonò la vita sacerdotale per motivi personali e che, per conto del presidente Percassi, segue il percorso di Masiello e pare si sia impegnato anche in questa mediazione.