Christian Chivu ha parlato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport dell’imminente sfida tra Roma e Inter, di cui è doppio ex. Uno stralcio dellle sue parole.

Proviamo a leggerla insieme la partita dell’Olimpico?
“La verità è che una sosta di campionato è sempre un momento particolare per preparare una gara, da allenatore non sai mai cosa aspettarti. Mi metto soprattutto nei panni di Juric: è arrivato da poco, per di più ha visto andare via i giocatori con le nazionali, non sa bene come li ritroverà”.

Quindi, pronostico chiuso?
“No, perché di fronte ci sono due squadre con tante individualità che possono incidere nella singola partita. Ragionando in assoluto, però, l’Inter ha un’identità di gioco precisa: la crescita del gruppo è stata eccezionale, sotto ogni punto di vista. Giocano quasi a specchio, ma in realtà è un’illusione. Juric ama le marcature a uomo. E allora dico: sarà proprio quella la chiave tattica della partita di domenica. Il risultato dipenderà da quello che la Roma riuscirà a fare marcando uomo su uomo ovunque. Il problema per i giallorossi è che solitamente proprio di fronte a squadre che giocano in questo modo l’Inter sa dare il meglio. Soprattutto per merito di quei due”.

A chi si riferisce?
“A Thuram e Lautaro. Sono due maestri nei movimenti, nel farsi trovare liberi, nel dare un riferimento ai propri compagni sia nel gioco corto sia sulla palla in verticale. Dura, davvero dura bloccarli”.

Una domanda da ex difensore: chi la stuzzica?
“Detto che per domenica prevedo una gran battaglia fisica in campo, in termini individuali adoro Bastoni: ho visto da vicino l’evoluzione del ragazzo, più passa il tempo più diventa un giocatore completo, in Nazionale gioca anche da centrale puro. Se quello può essere il ruolo del suo futuro? Io lo vedo più come braccetto. Perché in quella posizione può sfruttare meglio il suo piede nell’impostazione, in fase offensiva, con lui Inzaghi guadagna tanto perché crea superiorità sulla zona sinistra”.

La Roma è da quarto posto?
“Beh, la qualificazione in Champions League l’ha già mancata di poco lo scorso campionato. Adesso si vive una fase di grande cambiamento, non è facile assorbire tutto, bisognerà vedere quanto velocemente i giocatori si adatteranno al nuovo allenatore e al suo nuovo stile di gioco. E mica è semplice, anche perché siamo ormai al terzo tecnico in meno di un anno. Certo, per status dico che la Roma dovrebbe sempre ambire a giocare la Champions”.

Sorpreso dall’esonero di De Rossi?
“Prima di tutto, dico che l’ho vissuto da compagno e da avversario. E per nessuno come per lui potrei dire che si vedeva che sarebbe diventato allenatore. Era un giocatore cerebrale. Con lui sono rimasto sorpreso due volte, prima quando l’hanno chiamato al posto di Mou. E poi adesso che l’hanno mandato via dopo un contratto rinnovato per tre anni. Ai tecnici va dato tempo, questa è la verità. Vale soprattutto per quelli a cui la squadra è stata completata proprio nelle ultime ore di mercato. Una squadra non nasce da un giorno all’altro”.

Avesse la bacchetta magica, quale giocatore porterebbe in una sua squadra tra quelli di Inter e Roma?
“Senza dubbio Mkhitaryan. Ho visto ad Appiano come si allena, la sua qualità, il modo di interagire con i compagni. Guardi, non è cosa comune nel calcio trovare giocatori che pensano di gruppo e non in termini individuali. Lui è davvero così. E’ intelligenza pura”.

Se lo immagina domani, un Roma-Inter con lei in panchina da una parte o dall’altra?
“Mai dire mai. Ma devo ancora iniziare il mio percorso. Mi sento pronto per farlo, la mia ambizione è misurarmi anche a quei livelli, però devo partire dal basso. Sto aspettando la chiamata di un direttore sportivo che mi sottoponga un progetto e che abbia piena fiducia in me”.

Foto: [Andrea Staccioli]