Champions, perché crederci: il tifo, Abraham e la forza dei giovani

Il Messaggero (A. Angeloni) – La Champions, una speranza. Senza quei punti persi malinconicamente, la squadra di Mourinho sarebbe in piena corsa. Oggi si trova a rincorrere. Raggiungere la Juve non è semplice, perché è la Juve e perché ha una rosa più attrezzata, pure alla luce di un mercato faraonico che a gennaio l’ha ulteriormente rinforzata.

L’Atalanta è a pari punti ma ha una gara da recuperare, la Lazio è solo una lunghezza dietro e tra due settimane c’è un derby tutto da vivere. Per ora la Roma non può che vivere di speranza, perché la matematica dice che piazzarsi ancora si può e, quando hai Mourinho, si deve.

Dalla parte della Roma c’è la spinta della sua gente, che accompagna la squadra in casa e in trasferta con presenze da record, da fuori pandemia. Questo vuol dire che se ci credono i tifosi, devono farlo anche i giocatori, con Mou in testa, che ora riprenderà possesso della panchina, scippatagli per due giornate. La spinta emozionale deve accompagnare l’esigenza economica del club, dei FriedkinChampions vuol dire mettersi in tasca almeno una quarantina di milioni, dei quali le casse della Roma – ultimo bilancio alla mano – hanno maledettamente bisogno.

Lo Special ha un po’ tutti i calciatori a disposizione, a differenza di un bel pezzo di stagione vissuta in emergenza, e in più può contare sull’apporto e la voglia di alcuni talenti giovani, come Bove Zalewski, soprattutto il secondo, più il rigenerato Kumbulla e uno Zaniolo che guarda la Nazionale, il rinnovo e quindi di stimoli ne ha.

Mourinho poi, ha un centravanti vero ed è a un passo dal raggiungere Bati Montella, che alla prima stagione hanno toccato quota 21. Tammy è il giocatore che in campionato ha segnato il maggior numero di primi gol, otto. Insomma, c’è tutto per provarci: in fondo la Roma non è una squadra da ottavo posto. Sei punti sono un ostacolo, non insormontabile. E chissà.

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