Il Messaggero (A. Angeloni) – Il rigore fallito a Rotterdam lo ha atterrato, la carezza di Francesco Totti gli ha restituito morale, serenità e – come ha dichiarato lui stesso – “leggerezza”. E poi, quello striscione dedicatogli dalla Sud in quel momento delicato, lo ha riportato al centro della Roma: Pellegrini tifoso tra i tifosi: “Nel bene o nel male… il capitano rimane tale”. Che poi a insultare Lorenzo, specie dopo il rigore di Rotterdam, è sempre una minoranza, che fa rumore e spesso, anche male.
Lui è rimasto imperturbabile, lo ha aiutato il carattere, sempre poco incline al sorriso e spesso troppo ombroso, ma in realtà ha sofferto, pur avendo saputo reagire. Pellegrini è un giovane vecchio di ventisei anni (ventisette a giugno) che sta per conoscere la paternità per la terza volta e che nella Roma va avanti a forza di gomitate, ritagliandosi giorno dopo giorno uno spazio tra i grandi capitani, appunto, con la benedizione di Totti.
Oggi sta a lui, contro il Milan, caricarsi sulle spalle la squadra, acciaccata nei suoi uomini più rappresentativi. Non c’è Smalling, Dybala è mezzo e mezzo, Wijnaldum ha svolto solo un allenamento differenziato. E la stagione non aspetta: oggi il Milan, poi Monza e Inter, in mezzo il Leverkusen. E Pellegrini ricomincia da tre, dai quei gol di fila su azione (contro Udinese, Feyenoord e Atalanta) messi a segno proprio dopo l’errore dal dischetto contro il Feyenoord.