Oggi apriamo la nostra prima pagina con stralci del libro di Cesare Prandelli, “Il Calcio fa bene“. Una scelta che risponde al cuore e alla ragione.
Al cuore, perché il Ct della nazionale è rimasto nel nostro cuore di romanisti come una di quelle promesse d’amore non realizzata che ti rimane dentro, e si accoccola tra i tuoi sentimenti senza rimpianti e rivalse, una sorta di nostalgia per quel che poteva essere e non è stato. Un amore sospeso che nel tempo cambia e si trasforma in altro: rispetto, affetto, stima. Durò poco la stagione di Prandelli alla Roma, pochi mesi nel 2004, poi l’abbandono per la grave malattia della moglie Manuela che le costò infine la vita. Fu la scelta di un grande uomo che metteva la sua vita, i suoi sentimenti, la sua famiglia, prima del successo, dei soldi, della fama. Alla ragione, perché il libro scritto da Cesare Prandelli insieme a Giuseppe Calabrese e pubblicato da Giunti editore, è una sorta di manifesto del nuovo calcio. Un calcio che sa essere insieme moderno e antico, capace di idee nuove ma con i piedi ben piantati in quella radice che è, come dice Prandelli, la fantasia, la gioia, la passione di quei ragazzini che prendono a calci un pallone a ogni angolo di strada in ogni paese del mondo. E’ un gioco, può essere anche una scuola di vita. Raccontando la sua vita nel calcio, prima calciatore, poi allenatore delle giovanili, di squadre di serie B e serie A, infine come coach della Nazionale, Prandelli ci mostra una visione “etica” del calcio, non esita a parlare di una “cultura calcistica”. (…)
E’ un messaggio straordinario e bisogna farne tesoro in un calcio che annega e si perde nel malaffare, nell’esasperazione del risultato a ogni costo, nel mito del successo e del denaro. Il calcio di Prandelli, il calcio che amiamo, è l’opposto: è passione allo stato puro, fantasia, bellezza. E’ rispetto delle regole, anche quando non ti piacciono o ti fanno male, perché solo dal rispetto delle regole nasce la competizione vera, quella che esalta la qualità e trasmette amore, fraternità, una luce che può illuminare anche i momenti più difficili della vita. Prima o poi, Cesare Prandelli tornerà ad allenare un club. Speriamo che lo faccia in Italia, perché sarebbe una perdita gravissima se il calcio italiano perdesse anche lui, dopo aver mandato all’estero allenatori come Ancellotti, Capello, Mancini, Spalletti. Sono tutti andati via per i soldi? Perché hanno scelto club potentissimi? Anche, ma non solo.Al calcio italiano manca quella che Prandelli chiama una “cultura“, ovvero l’idea che i risultati arrivano da una paziente costruzione, da valori che si radicano perché praticati a tutti i livelli, da idee cui si dà il tempo di germogliare. E’ un discorso che riguarda tutti, a cominciare da noi che attorno al calcio facciamo informazione. A Roma, in particolare, dove invece albergano sentimenti opposti, dove la difesa di interessi e piccoli poteri prevale su tutto il resto. Dove pensieri come quelli di Cesare Prandelli vengono considerati eretici. Non sono pensieri molto diversi da quelli espressi da Franco Baldini quando, accolto dall’ilare coro degli stupidi e degli incolti, parlò di una necessaria “rivoluzione culturale”. Sono gli stessi pensieri a causa dei quali l’eretico Luis Enrique è stato messo al rogo. Le idee, però, non bruciano. La Nuova Roma non rinuncerà a portarle avanti. Chiunque sia il nuovo allenatore, noi gli consigliamo di leggere con molta attenzione questo bellissimo libro di Cesare Prandelli.
Il Romanista – Carmine Fotia