Cengiz: «Ora parlo italiano e si vede»

La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – Ricordate «Palombella rossa» di Nanni Moretti? «Le parole sono importanti», gridava Michele Apicella, il protagonista del film. Proprio vero. Raccontano infatti a Trigoria come il primo avversario di Cengiz Under – autore del gol che ha riportato la Roma al successo dopo 50 giorni – sia stato uno tosto, di quelli che non si saltano in dribbling: l’italiano. Ad esempio: c’era da fare un esercizio in campo? Quando il gruppo l’aveva finito, il ventenne turco – bisognoso di traduzione – era all’inizio e quindi si trovava «un giro» dietro gli altri. Come sorprendersi se ad un certo punto gli ultimi gol segnati – 13 novembre scorso: TurchiaAlbania 2-3 e, nel club, 30 aprile: BasaksehirBesiktas 3-1 (doppietta) – apparivano così lontani? Ma almeno due persone hanno sempre creduto in lui: il d.s. Monchi e Di Francesco, che infatti sogghigna: «Mi dicevano che era meglio che facessi giocare uno della Primavera. Da noi non si ha pazienza con i giovani italiani, figuriamoci con quelli stranieri. Lui ha tanta qualità. Occhio però, alla sua età farà altre partite poco brillanti, la continuità si acquisisce col tempo».

MENTRE ERDOGANO… Under comunque non si spaventa e regala il primo grazie all’allenatore. «Mi ha sempre dato fiducia ed è stato molto paziente. I primi mesi sono stati molto duri. Adesso inizio a capire l’italiano e tatticamente riesco ad applicare ciò che mi chiedono. Anche con i compagni va meglio. Il gol? Lo sognavo da tanto (il suo vecchio club, il Basaksehir, lo ha festeggiato con un tweet, ndr). Tutti mi chiedevano quando l’avrei fatto e io rispondevo che mancava poco. Sono felice, voglio farne ancora tanti. Dopo la sosta sono un altro. Cercherò di continuare su questo livello». Un pensiero va anche al gruppo. «Non vincevamo da 6 turni e questo successo ci aiuterà». Come dire: attenti, sono in arrivo cose turche. E pure personalità turche: proprio ieri a Roma è sbarcato il presidente Erdogan, l’uomo che, nel giorno dell’ufficialità del trasferimento, chiamò Under per fargli sentire l’appoggio di tutta la nazione. Coincidenze. O forse no.

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