La Repubblica (S. Scotti) – Resistere alla propria natura: impossibile. Provare a trattenersi, a controllarsi, un esercizio fuori dalla logica per un allenatore che vive di provocazioni, si nutre di tensione, unisce il gruppo creando pressioni, conquista i tifosi rassicurandoli. Anche in modo teatrale. E Mourinho non fa gesti casuali.
Se volta le spalle agli avversari, se si inginocchia davanti alla panchina per esultare al gol di El Shaarawy mentre pochi metri più in là i dirigenti del Monza devono essersi trattenuti a forza, perché sa quando deve fingere di ignorare chi lo circonda e quando smettere. E pazienza se poi questo gli costa l’espulsione che lo costringerà a vedere ancora una volta Inter-Roma da un pullman o dalla tribuna, per la terza volta su tre: nessuno ha voglia di vedere la propria ex.
Il suo nome sempre il più urlato, applaudito, i tifosi lo venerano e lui ricambia come sa. I giocatori sono con lui, Mou non si discute, si ascolta, si segue. Fa passare in secondo piano anche le buone intuizioni sui cambi che gli fanno vincere la partita. Dalla serata umiliante di Genova ha vinto 4 partite, la Roma ha subito un gol e ne ha segnati 11. L’ultimo gli ha permesso di prendersi la rivincita su Palladino (prima non l’aveva salutato, poi: “Gli riconosco merito sul campo”). E di provocare Papu Gomez, giocatore del Siviglia che ha battuto la Roma in finale di Europa League: “Ho la tosse ma non prendo il suo sciroppo, altrimenti vado al controllo e sono in difficoltà”.