Castigo esagerato. La Roma fa soffrire il Real ma cede a Ronaldo e Jesé

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Il Corriere della Sera (L. Valdiserri) – In ogni caso, nessun rimorso. È questa la sintesi della serata in cui la Roma fa tutto quello che deve fare, tranne l’happy end. Nell’ordine: 1) si guadagna il rispetto del Real, anche se il ritorno a Madrid (8 marzo) è segnato dallo 0-2 che non lascia alcuna speranza; 2) aumenta comunque la sua autostima uscendo a testa alta dallo scontro contro una big, dopo i terrificanti 1-7 contro il Bayern e 1-6 contro il Barcellona dell’era-Garcia; 3) ritrova almeno per una volta il suo stadio al completo, anche se come dicono gli ultrà «quella non era la vera curva Sud». Comunque sia, è stato bello rivedere sciarpe e bandiere, sentire cori e tifo.

Forse non è stata la partita da far vedere a un bambino «agnostico» per farlo innamorare del calcio, visto che solo nel secondo tempo si è «aperta» e si sono visti gol e occasioni. Di sicuro, però, è stata una di quelle gare in cui il tifoso è contento di aver portato il figlio allo stadio. La Roma ha dato tutto quello che aveva, con una gara di grande impegno e dedizione. E chi ha il figlio romanista sa che dovrà più soffrire che gioire, ma che in serate come questa non dovrà vergognarsi del suo amore.

Spalletti ha vinto la sfida tattica contro Zidane, ma questo non è bastato. Il Real ha vinto perché ha un campionissimo come Cristiano Ronaldo, perché l’inadeguato arbitro Kralovec ha negato un rigore solare per fallo di Carvajal su Florenzi (ma ce ne potevano stare anche uno per fallo di Pjanic su Cristiano e uno di Navas su El Shaarawy) e perché la partita perfetta non esiste. Due volte la Roma non è riuscita a raddoppiare sugli esterni del Real Madrid e due volte ha preso gol: il capolavoro di Cristiano, con un tiro a giro, e il 2-0 nel finale di Jesé, con un bel diagonale, che ha dato al risultato un’impronta davvero ingiusta.

Spalletti, all’inizio, ha lasciato fuori Dzeko per non dare nessun punto di riferimento ai difensori del Real, e ha rinunciato a De Rossi (solo in panchina) perché non al 100%. Vainqueur l’ha sostituito bene, nel 4-1-4-1, sfiorando anche il gol con un gran tiro da fuori area. Il Real ha solo aspettato il momento giusto per tirare fuori la giocata vincente. Rispetto a Barça e Bayern — ma anche Psg — è un collettivo molto meno rodato. Vive di colpi, ma ha solisti eccezionali. Tanto più quando recupererà anche Bale. A differenza del 2008, quando la Roma passò il turno con due vittorie per 2-1, non è bastata una grande organizzazione e il sacrificio di tutti. Il Real ha più campioni di allora, la Roma non ha più il suo totem Francesco Totti, che è entrato solo negli ultimi 5’ perché gli è almeno dovuto il rispetto: fin qui, sotto la gestione Garcia, per scelte e per infortuni, non aveva giocato nemmeno un minuto in questa Champions. Il divario tra le buone squadre e le super-big è aumentato e il Financial Fair Play di Platini si è rivelato una «bufala»: un Porto, una Stella Rossa Belgrado, un’Olympique Marsiglia non potranno mai più vincere una Champions. Se non diventerà più squadra — e non è facile che possa farlo con Zidane — anche il Real non è da vittoria finale. Ma quanto basta e avanza per battere una delle migliori Roma della stagione. Spalletti deve ripartire da qui, magari con un attaccante che sappia anche fare gol in queste occasioni.

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