Leandro Castan, ex difensore brasiliano della Roma, ha parlato del suo passato in giallorosso e dell’attuale situazione del club, soffermandosi in particolare sull’esonero di Daniele De Rossi. L’ex centrale, grande protagonista nella difesa romanista sotto la gestione di Rudi Garcia, ha rivelato anche un retroscena sulla sua permanenza nella Capitale.
Ai microfoni di Radio Romanista, Castan ha confessato: “Dopo il primo anno avrei voluto lasciare la Roma, ma Garcia mi convinse a restare”. Il brasiliano ha poi commentato l’esonero di De Rossi, esprimendo tutto il suo disappunto: “Non c’è una spiegazione logica per la sua uscita”. Parole che testimoniano il legame ancora forte tra l’ex difensore e il mondo romanista, oltre al suo sostegno per l’ex capitano, oggi tecnico in cerca di una nuova avventura. Di seguito l’intervista completa:
Su Zeman
“Effettivamente l’impatto fu un po’ negativo. Io pensavo che in Italia avrei lavorato con un tecnico molto attento alla fase difensiva ma trovai Zeman a cui non piaceva molto difendere bensì quasi esclusivamente attaccare e fare gol.
Diciamo che non teneva molto in considerazione quelli del mio reparto”
Qual è stato invece il suo rapporto con Totti?
“Ricordo ancora il nostro primo incontro nello spogliatoio: a presentarci fu il direttore generale Franco Baldini. Quando gli strinsi la mano mi vennero i brividi perché non ero soltanto davanti ad un calciatore ma ad una sorta di personaggio storico. Poi però con il tempo, Totti per me è diventato “Checco”, un uomo fantastico che mi ha aiutato moltissimo ad inserirmi nel gruppo ed è stato un piacere conoscerlo”
Quella stagione finì con la sconfitta in finale di Coppa Italia contro la Lazio. Si è dato una spiegazione sui motivi di quella brutta prestazione? E vero che lei gettò la medaglia del secondo posto?
“Sì è vero. Mi sono anche un po’ pentito perché una medaglia non si dovrebbe mai buttare nel cestino solo che in quel momento ero veramente molto incazzato, proprio perché non riuscimmo a giocare come avremmo dovuto. Ripensandoci questa è la cosa che mi dà più fastidio, ovvero non essere riusciti a fare quello che era nelle nostre corde. L’unica spiegazione è che forse avevamo affrontato una stagione molto usurante, non solo dal punto di vista fisico, e quando arrivammo a quella gara eravamo già cotti. Loro, a differenza nostra, hanno giocato con il coltello tra i denti, segnando poi un gol bruttissimo proprio come è stato quel derby. Mi dispiace perché sono consapevole che sia stata una sconfitta pesante per i tifosi inoltre sono convinto che se avessimo giocato almeno al 10% delle nostre capacità avremmo vinto”
Quale fu la sua reazione a quella delusione così grande?
“Volevo andar via. Non mi ero trovato bene con Zeman, verso cui non ho nessun risentimento ma semplicemente avevamo delle idee calcistiche diverse. Poi è vero che lui fu esonerato ed era arrivato Andreazzoli, ma era stata comunque un’annata molto brutta terminata poi con una sconfitta pesantissima. Avrei preferito tornare in Brasile, anche perché mancavano pochi mesi all’inizio del mondiale che si sarebbe disputato proprio nel mio Paese. Questo era quello che pensavo prima dell’arrivo di Rudi Garcia. Rudi cambiò la mia percezione e anche quella di molti del gruppo, è stato il principale artefice del nostro riscatto”
Quali furono i meriti del tecnico francese?
“Innanzitutto il suo modo di rapportarsi. Per fare un esempio, Zeman in 6 mesi mi avrà rivolto la parola due volte, lui invece cercò subito di spronarmi anche facendomi arrabbiare. Si era accorto che avevo la testa altrove e allora si rivolse a me anche con durezza. Il senso delle sue parole era che forse aveva ragione chi diceva che fossi scarso. Mi incazzai molto, perché mi punse nell’orgoglio ma poi capii che era un modo per togliermi dalla mia “comfort zone” su cui mi ero inconsciamente appiattito”
Si diceva che lei e Benatia avreste formato una coppia troppo lenta
“Esattamente. Una volta ci convocò ad entrambi nel suo ufficio e ci disse che lui pensava esattamente il contrario ma la risposta definitiva l’avremmo dovuta dare noi in partita. Dopo queste parole, io e Benatia ci guardammo negli occhi e stipulammo una sorta di patto che ci avrebbe portato ad aiutarci l’un l’altro. Il risultato? Prendemmo un gol nelle prime dieci partite. Ma il merito fu di Rudi che è stato uno dei migliori allenatori mai incontrati nella mia carriera”
14 settembre 2014, nella trasferta di Empoli lei viene sostituito al primo tempo e dopo qualche settimana le diagnosticano un cavernoma cerebrale, ovvero una forma di tumore benigno al cervello. Cosa ricorda di quel periodo?
“Quello è stato il giorno in cui finirono tutti i miei sogni. Come tutti i calciatori ambiziosi avevo tanti progetti: andare in nazionale, disputare un mondiale e vincere dei trofei con la mia squadra ma quel pomeriggio finì tutto. Il medico mi disse che non avrei più potuto fare il calciatore e allora pensai soltanto a rimanere vivo. Dopo la guarigione, avrei voluto riprendere la mia professione ma nonostante gli sforzi, non sono mai riuscito a tornare quello di prima. Solo a pensarci mi vengono i brividi perché avevo ventisette anni ed ero nel momento più importante della mia carriera. Oltre alla mia famiglia devo ringraziare il mister Garcia, il mio procuratore Gabriele Giuffrida e il direttore Walter Sabatini che per me è stato come un papà”
Un ventisettenne che supera una cosa del genere dove trova la forza per tornare a fare sport a livello professionistico?
“Io la forza l’ho trovata in un qualcosa che non posso vedere ma che sento continuamente che è la mia fede in Dio. Questa fede mi ha aiutato a superare momenti terribili. La prima volta che sono rientrato in campo a Trigoria, il preparatore mi passò un pallone e io gli andai incontro per stopparla normalmente. lo pensai al gesto che avrei dovuto fare ma non riuscii a farlo perché quando la palla mi passò vicino il mio piede non si mosse. Quel giorno andai a casa piangendo perché il corpo non rispondeva agli impulsi del mio cervello. Un giorno, grazie alla fede, saprò perché mi è capitato tutto questo. Ho indossato la maglia del Torino e del Cagliari ma anche quando mi facevano i complimenti ero comunque triste perché non mi sentivo più il Castan di un tempo”
Tanti compagni le sono stati vicino: ad esempio Daniele De Rossi
“Gli voglio tanto bene. Lui e Francesco avevano una grande leadership ma mentre Totti era il leader a cui non serviva nemmeno parlare, De Rossi comunicava molto di più. Inoltre con lui c’era molto feeling perché gli piaceva stare insieme ai sudamericani. lo quando penso alla Roma mi vengono in mente sempre loro due e il fatto che non facciano più parte del club mi fa male al cuore”
De Rossi era però tornato nel ruolo da allenatore. Che idea si è fatto del suo percorso?
“Non c’è una spiegazione logica al suo esonero.
Ha fatto un ottimo lavoro, gli era anche stato rinnovato il contratto, quindi non ho capito poi la scelta di mandarlo via dopo appena quattro giornate. Lo scorso anno vedevo le partite insieme ai miei figli ed abbiamo esultato tanto anche perché vedere Daniele su quella panchina mi dava un piacere immenso”
I giallorossi possono vincere l’Europa League?
“Certo, come no. Ranieri ha aggiustato questa squadra che ha delle buone individualità, alcuni giocatori mi piacciono molto. Secondo me si può fare”