Di Marco Cassetti i tifosi romanisti ricordano in particolare il gol decisivo al derby con la corsa sotto la curva. L’ex terzino giallorosso si è raccontato in un’intervista a TMW Radio nella quale ha parlato del suo passato romanista e del rapporto con i suoi vecchi allenatori. Queste le sue parole:
Allenatori: chi ha inciso di più nella tua carriera?
La convocazione in Nazionale è stato un grande momento. Chi ha inciso di più nella mia carriera? Ne ho avuti tanti e ognuno mi ha dato qualcosa. Perotti a Verona, poi Malesani che sotto l’aspetto tecnico-tattico era uno dei migliori in circolazione e mi ha dato le basi. Poi Delio Rossi, Zeman, Spalletti, Ranieri. Ognuno di loro mi ha arricchito.
Prima del secondo scudetto, potevi andare alla Lazio:
È vero, ma potevo arrivare anche un anno prima alla Roma, ma ci fu il blocco del mercato del club per il caso Mexes.
Spalletti tra i migliori tecnici della Roma?
Ha avuto nella mia carriera un ruolo importante, è stato l’allenatore che mi ha voluto a Roma e decise di puntare su di me, che arrivavo da una provinciale. Mi sono ritagliato sempre il mio spazio, anche se arrivavano altri con un curriculum migliore. Poi metto Ranieri, perché dopo l’addio di Spalletti nel 2009 dopo un paio di giornate, ricompattò un gruppo forte ma che stava attraversando un momento particolare. Ha toccato i tasti giusti per rinvigorire il gruppo. E’ stata una cavalcata incredibile, che non ci ha visto vincere per un errore di percorso, quello con la Samp in casa.
Spalletti-Totti: che rapporto è stato?
Il primo era un amore reciproco, si capivano subito. Lo trasformò in prima punta, con Perrotta che riusciva a cucire il gioco. Il rapporto poi si è rotto, so perché ma non posso dirlo. Non è stata neanche semplice la situazione di Spalletti, ossia quella di gestire la fine di una carriera straordinaria come quella di Totti. Anche io ho smesso a 38 anni e avevo sempre voglia di giocare, quindi non è semplice gestire un calciatore in queste fasi, ma neanche lui non ha avuto un approccio dei migliori.
Come andò con Luis Enrique?
Era arrivato dal Barcellona B, aveva idee straordinarie. Tante squadre stanno facendo quello che lui voleva fare, ossia di impostare il gioco dal basso. Ma è di difficile applicazione nel calcio italiano, perché dopo un po’ di partite finisce l’effetto sorpresa. E’ stato sempre una persona schietta, io però gli dissi la mia posizione. Lui mi chiese di adattarmi da centrale prima dell’arrivo dei titolari che dovevano prendere durante quel mercato, ma finito il ritiro, con la rosa al completo, mi allenavo solo da centrale. Per questo un giorno gli chiesi di tornare al mio ruolo. Mi sentivo ancora di poter giocare in quel ruolo, ma lui mi disse che mi vedeva centrale difensivo e non cambiò idea. Avevamo 4 centrali di ruolo e quindi io arrivavo quinto.
Spalletti o Fonseca?
Spalletti ha fatto tanto per la Roma, potrebbe ancora allenarla ma ho visto Fonseca ed è molto preparato, ha idee. Ha per i prossimi anni un tecnico di grande livello.
Futuro di Florenzi? Come lo vedi?
Lo vedo lontano da Roma. Se la Roma avesse creduto in lui, non avrebbe nemmeno preso in considerazione l’idea di darlo in prestito al Valencia. Io lo avrei tenuto, perché è titolare della Nazionale e avrebbe potuto essere utile. Era però diventato un bersaglio e ha colto l’opportunità di andare al Valencia.