Corriere dello Sport (I. Zazzaroni) – Antonio Cassano ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport. L’ex fantasista della Roma si è soffermato su diversi argomenti: dalla gara di domenica sera contro il Milan, ai ricordi dell’esperienza capitolina fino a Paulo Fonseca. Di seguito le sue parole.
Su Fonseca.
Mi piace la Roma. Fonseca è bravo, gioca all’attacco.
Eppure il suo futuro è in discussione.
Forza, spiegami perché dovrebbero cambiarlo. A inizio stagione il quarto posto della Roma era considerato un capolavoro, oggi è quarta davanti a Atalanta, Lazio e Napoli. Qui tutti vogliono cambiare tutti, l’Arsenal per dodici anni non ha vinto niente eppure Wenger l’ha tenuto, in particolare negli anni in cui la critica lo massacrava.
Roma-Milan è la tua partita.
Cinque anni alla Roma, uno e mezzo al Milan dove ho vinto il mio primo scudetto. La Roma domani sera è favorita.
Il primo pensiero che ti viene in mente sulla Roma.
Totti. Roma, Totti. Totti, Roma. Vabbeh, il 4-0 alla Juve, ma anche lo 0-0 di Ancona la settimana dopo, il momento più basso. Lì perdemmo lo scudetto. Te lo ricordi Jardel?
Dimenticabile e dimenticato.
Roma mi fa pensare ai disastri, a quello che ho fatto passare a Capello. Don Fabio, poverino. Ogni volta che lo incrocio mi ripete “che testa di c***o che sei”. Ha ragione, ma gli voglio un bene dell’anima. A Trigoria mi inseguì per tutto il campo perché avevo abbandonato la partitella 7 contro 7. Quando mi rompevo le palle, via gli scarpini e rientrato nello spogliatoio. Io scappavo e lui dietro, sembravamo Totò e Peppino. Mi raggiunse all’interno e mi avvisò che se non fossi tornato mi avrebbe preso a pugni in faccia. Mi sembra di sentirlo: “Se non ti presenti la partitella non riprende”. Ero suonato come un tamburo.
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Dimmi la verità, quando la Roma ti acquistò a stagione iniziata il Bari ti incollò in panchina per precauzione, per evitare che un infortunio potesse far saltare l’affare.
Seppi che il Bari mi aveva venduto alla Juve per 45 miliardi, due giorni dopo sarei dovuto andare ad Avellino per incontrare Moggi. Mi chiama il mio procuratore di allora, Bozzo, e mi fa: “La Roma ne ha offerti 55 più D’Agostino”. “Beppe, quanto ci offre la Juve?”, mi disse la cifra. “E la Roma?”. “Il doppio”. Voglio giocare con il mio idolo. All’epoca non c’avevo una lira. Moggi fallo aspettare, aggiunsi. È ancora ad Avellino…. Quando lo incontro mi ripete che se fossi andato da lui avrei fatto tutta un’altra carriera.
Com’era Totti nello spogliatoio?
Silenzioso, non lo sentivi mai. Parlava solo con me e Candela. Oppure con Vito Scala, che è stato 25 anni con lui. Rivolgeva la parola agli altri solo quando voleva di più la palla. Un grandissimo, il più grande. Ma se aveva voglia di scherzare era uno spettacolo, un battutista nato.
Ho visto il trailer della miniserie su di lui. Pietro Castellitto è bravissimo ma gli somiglia poco.
Ehi, ci sono anch’io.
Chi interpreta il tuo ruolo?
Ma quale attore! Faccio io. Ho girato qualche scena proprio stamattina (ieri, ndr).
Antonio, a quante persone ti senti di dovere delle scuse, purtroppo ritardate?
A una marea. A Garrone, il grande Riccardo. A lui le ho anche fatte, però. A Don Fabio, il più grande gestore di uomini e di campioni che abbia mai conosciuto. A Tommasi: ogni due per tre dicevo a Damiano che era una pippa.
E lui?
Io uno scudetto l’ho vinto, tu sei arrivato solo secondo. Ragazzo perbenissimo. A Galliani anche. E a Rosella Sensi, discussi anche con lei, me ne sono pentito. Splendida famiglia, ho un grande ricordo di suo padre.