Carletto Mazzone – ci ha pensato Totti a definirlo – è un po’ il padre del Capitano della Roma. Lo ha allenato quando era giovanissimo, praticamente lo ha cresciuto. E le parole di affetto che il simbolo giallorosso ha speso per Sor Carletto non hanno affatto lasciato indifferente il destinatario. Anzi, se Totti ricorda Mazzone come un papà che lo ha allevato calcisticamente, il tecnico romano riconosce Francesco come figlio. Ancora oggi, infatti, quando er Sor Magarasente parlare del numero dieci della Roma, è un mare di stentimenti. Sentimenti, questi, che il tempo non ha assolutamente scalfito, ma forse alimentato.
Mazzone, ha letto l’intervista in cui Totti parla anche di lei?
E’ sempre un piacere sentire queste parole, soprattutto a una certa età, dopo molti anni Francesco lo ricordo con grande affetto, ho sempre pensato che sarebbe diventato un campione e i fatti mi hanno dato ragione. Sono felicissimo per quello che Totti è oggi. E ci terrei a sottolinare una cosa.
Prego.
Vorrei specificare che l’uomo, in questo caso, è ancora più grande del calciatore, perché il Capitano prima ancora di essere un fuoriclasse è una persona eccezionale. Per cui questo ragazzo meraviglioso merita soltanto elogi e rispetto. Quando vedo che manca il rispetto nei suoi confronti, mi arrabbio moltissimo.
Segno che gli anni passano ma si sente ancora legato a Francesco.
Per un allenatore è una grande soddisfazione aver avuto uno come lui, perché è un grandissimo. Ha fatto la storia del calcio ed è diventato meritatamente il simbolo di Roma. Ribadisco che il Totti uomo è il doppio del Totti calciatore, perché certe sfumature puoi notarle solo se hai a che fare con lui. Ripeto, merita tutto l’affetto e il rispetto di questo mondo.
Che cosa ne pensa, invece, della Roma vista al Dall’Ara?
La Roma a Bologna ha giocato bene, davvero bene. Sta crescendo moltissimo. Questa piazza ha un solo difetto, l’ho già detto in altre occasioni: non ha pazienza. Una tifoseria così calda e passionale vuole vincere subito e spesso diventa un problema. Per fortuna ora la Roma sembra aver ingranato e sta conquistando la fiducia della gente. La squadra è giovane, è per questo che serve quel pizzico di tempo in più che possa dar modo all’esperienza di emergere. Mettiamo da parte la fretta.
Ci vuole pazienza, d’accordo, ma ora che la squadra sembra aver ingranato, perché porsi limiti?
La speranza è che la Roma arrivi il più in alto possibile, ma tutti dovrebbero tenere a mente che la società ha investito in prospettiva e questi ragazzi secondo me stanno facendo già molto. Sono giovani ma forti. Da qui a fine campionato non bisognerà essere esigenti, anzi occorrerà sdrammatizzare eventuali passi falsi, ragionando in prospettiva, perché il futuro è nelle mani della società. Mi auguro che tutta la critica entri in quest’ottica: quello che di buono verrà da adesso a fine campionato sarà tutto di guadagnato.
Che idea si è fatto di Luis Enrique?
L’allenatore sul piano qualitativo è di un certo livello, perché viene dalla scuola di Guardiola, che è il numero uno al mondo. Conosco molto bene Pep, l’ho anche allenato a Brescia. Essendo Luis Enrique un suo “allievo”, c’è da fidarsi.
Il Romanista – R. Fidenza