La Gazzetta dello Sport (A. D’Urso) – Forse è il calcio che divora tutto. Francesco e Daniele non sono arrivati a Roma per fare vincere la squadra. Totti e De Rossi a Roma ci sono nati, ed è stato il primo segno di un destino comune. La Roma non li ha acquistati, loro e la Roma sono nati nello stesso luogo e si sono tenuti per mano per quasi 30 anni. Eppure, usciti dal campo, la loro storia è andata in modo diverso. Il condottiero De Rossi e il re Totti non sono riusciti a replicare tutti i sogni di cui il tifo è rimasto impastato.
Due capitani, due bandiere issate in alto, quando sulle loro maglie campeggiavano i numeri 10 e 16, e ora due bandiere a mezz’asta, se non ammainato.
E se Totti non è mai riuscito a realizzare il sogno, De Rossi come un coraggioso Ulisse la sua Itaca l’aveva raggiunta nove mesi fa subentrando a Mou. Il miglior romanzo possibile per un figlio di Roma e della Roma venuto a salvare la patria. E invece davanti alle Colonne d’Ercole del suo mondo conosciuto, appena 3 punti in 4 giornate di A, ha trovato un altro tycoon che prende atto dei numeri come base dei ragionamenti.
A dirla tutta, Totti e De Rossi hanno condiviso pure quell’addio da brividi all’Olimpico che nessuno avrebbe voluto. Il 28 maggio 2017 per Francesco, il 26 maggio 2019 per Daniele. Una data, quest’ultima, a cui l’ormai ex allenatore della Roma deve aggiungere quella del 18 settembre, ieri. Il giorno dell’esonero che ora sobbalzare dal trono i due idoli romanisti nell’immaginario collettivo. Mentre i tifosi dell’Olimpico sono sempre lì, in quella Curva Sud malata di ricordi, con gli occhi sul campo e in attesa di rivedere un lampo del passato.