Pagine Romaniste (F. Belli) – Un antico proverbio dice che tutte le strade portano a Roma. Non è però vero il contrario e molti si sono persi cercando di trovare la strada del ritorno. Si è perso anche Vincent Candela, che da quando è arrivato nel lontano gennaio del 1997 non è più riuscito a tornare in Francia. Una storia d’amore iniziata tra mille difficoltà, con una trattativa impossibile col Guingamp portata avanti con ostinazione da Franco Sensi: “E’ stato lui l’acquisto più difficile della mia gestione. Lo volevo a tutti i costi. Giocava nella provincia francese, ogni volta che cercavo di chiudere mi alzavano il prezzo”. Alla fine però “vouloir c’est pouvoir”, volere è potere e i club si mettono d’accordo. E’ un terzino col piede destro ma preferisce giocare a sinistra. Il suo marchio di fabbrica era il “double marche francaise”, il doppio passo alla francese. Un po’ come la finta di tacco di Kolarov, che ormai passerà agli annali come la finta in serbo. Le prime stagioni con Zeman non sono facili e nell’estate del ’98, quella del trionfante Mondiale in patria e del malore di Ronaldo in finale, sembra a un passo dall’addio. Rischio scongiurato e con l’arrivo di Capello si adatta anche a esterno di centrocampo.
Lo scudetto e la Roma Capitale del suo cuore
La sua stagione migliore probabilmente è quella che porta i giallorossi a vincere il tricolore dopo 18 anni d’astinenza, saltando appena una gara in campionato. Un’astinenza diventata motivo di sofferenza atroce per ogni tifoso e per lui in primis visto come si è prodigato nei festeggiamenti, anche caratterizzati da una certa “alterità” da parte sua e dei compagni. Suo sarà poi il primo gol nella Supercoppa contro la Fiorentina pochi mesi dopo. Tra l’altro questo Vincent già dopo qualche anno non sembrava più francese, immerso com’era nel suo ristorante a parlare di Roma e a godersi le campagne intorno alla Città Eterna. A un certo punto, non si sa bene quando, ha preso anche a parlare romano, tradito ogni tanto da qualche cadenza transalpina che inevitabilmente gli era rimasta in mentem e in corpore. Pochi anni dopo lascia la Capitale per andare al Bolton, salvo poi ripensarci e prendere la via di casa deviando “leggermente” verso il Friuli. Resta all’Udinese una stagione segnando anche un gol alla Lazio con un pallonetto da fuori area. Pensava di imitare quello di Totti in un derby finito 5-1, segno che la testa è sempre rivolta verso la Roma. Pochi anni dopo si ritira dal calcio e la cerimonia d’addio non poteva che celebrarsi nel suo stadio, l’Olimpico. L’amichevole che va in scena è una sorta di lotta emotiva tra due diverse fazioni del suo animo, la nazionale francese campione del mondo del ’98 e i campioni d’Italia della Roma del 2001. Ovviamente, non poteva essere altrimenti, vince la Roma, unica vera Capitale del suo cuore.