As Roma Match Program (T.Riccardi) – Una ventina d’anni fa il suo nome diventò una sorta cult nelle radio locali. “Ciao, sono Campagnolo Andrea”, era il tormentone in dialetto veneto che accompagnò tante ore di diretta in fm. Andrea Campagnolo, in realtà, è stato tanto altro che un semplice jingle via etere. “Non sapevo di questa cosa, ma fa piacere perché Roma resta il punto di partenza della mia carriera”. Ex portiere, classe 1978, oggi insegna a come stare tra i pali ai giovani del Cittadella. Ha diciotto anni di professionismo alle spalle tra Serie A e B. Tante tappe nella vita, altrettante squadre. Tra queste ci fu anche il Genoa tra il 2000 e il 2002. Lasciò Trigoria proprio per andare a vestire la maglia del “Grifone”: “Peccato che pure lì giocai poco, ma ho sempre grandi ricordi delle due piazze. A Roma e Genova si respira calcio con tifoserie diverse, ma coinvolgenti”.
Peccato che rispetto a qualche anno fa le vicende sugli spalti siano cambiate, soprattutto all’Olimpico.
“Ho notato ed è un peccato. Avere il supporto delle curve fa tutta la differenza del mondo per i calciatori. Io sono sicuro che se la Roma avesse avuto un suo stadio di proprietà come la Juventus, avrebbe tre o quattro scudetti in più. Spero che la società costruisca quanto prima il nuovo impianto, sarebbe troppo importante”.
Il Marassi di Genova come se lo ricorda?
“Uno stadio all’inglese, con le tribune attaccate al campo. Cori incessanti per novanta minuti e, soprattutto, tanti colori in curva durante i derby con la Sampdoria con coreografie particolarmente suggestive. Il tifo è il bello del calcio”.
In campo con la maglia rossoblù fu meno fortunato, invece.
“Già, non scesi in campo tante volte. C’era Lorieri che era a fine carriera, ma mi insegnò molto soprattutto a gestire le tensioni. In due anni in Serie B cambiammo tanti allenatori: Scoglio, Bolchi, Guido Carboni fratello di Amedeo, Onofri, Reja. Sulla carta eravamo una squadra forte per il livello del torneo, ma poi per problemi vari ci ritrovavamo sempre a lottare per il mantenimento della categoria”.
Alla Roma chi la portò?
“Era il 1997, avevo 19 anni, giocavo con il Cittadella in C2 e nella nazionale di Serie C. Tancredi apprezzò le mie caratteristiche durante un torneo giovanile e in poco tempo mi portò a Trigoria dove mi inserì nella rosa di prima squadra. La fortuna fu quella di aver trovato un allenatore come Zeman che apprezzava il fatto che io giocassi bene con i piedi, facendo ripartire rapidamente l’azione”.
Eppure il boemo non la impiegò mai in gare ufficiali.
“Vero, ma quando nel ’98 si infortunò Konsel al tendine d’Achille, e Chimenti venne promosso titolare per gran parte della stagione, il mister fece sapere alla società di non volere un altro portiere e di puntare su di me come secondo. Andai in panchina una sessantina di volta come vice, però non ci fu mai la possibilità di giocare. Poco male, da lì iniziai il percorso fino ad arrivare a giocare in Serie A”.
Da portiere della Reggina – ad esempio – si tolse belle soddisfazioni. Parò pure un rigore a Totti nel 2007, all’Olimpico.
“Sì, in quel momento ci fu uno scambio di battute con Francesco ripreso dalle telecamere, ma finì lì. Quella Reggina di Mazzarri restò in Serie A nonostante la penalizzazione di 11 punti per Calciopoli. Un vero e proprio miracolo”.
Un giudizio sui portieri della Roma, Szczesny e Alisson?
“Alisson lo conosco poco, Szczesny è un grande portiere e lo sta dimostrando. È guidato da un ottimo preparatore come Savorani. L’ho avuto a Siena e lui segue la filosofia di insegnamento della scuola Negrisolo”.
Roberto Negrisolo, lo storico preparatore dei portieri con cui lavorò a Roma per un periodo.
“Esattamente. A lui devo la mia formazione. La cosa più importante che insegna, e che io nel mio piccolo cerco di trasmettere ai ragazzi con cui lavoro, è la tecnica di base. Quando sei preparato tecnicamente, riduci al minimo il margine di errore. Con un ottimo bagaglio puoi sopperire pure a eventuali mancanze dal punto di vista fisico. Poi, ovvio, le papere le fanno tutti e nel calcio ci stanno”.
Ha un sogno nel cassetto?
“Guardi, oggi sto bene a Cittadella dove sono di casa e dove mi diverto, però un giorno mi piacerebbe lavorare come preparatore dei portieri di una squadra giovanile importante. Con la Roma sarebbe il massimo”.