”Da parte mia ci possono essere stati atteggiamenti criticabili sotto il profilo etico ma che non hanno mai sconfinato nell’illecito“. Così l’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi, si è difeso dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli dove è in corso il secondo grado del giudizio su Calciopoli. Moggi – che ha reso dichiarazioni spontanee in apertura dell’udienza di oggi – ha contestato le accuse criticando l’operato degli investigatori parlando di “intercettazioni monche tagliate ad uso dell’accusa” e negando ogni vicinanza ai designatori arbitrali dell’epoca Pairetto e Bergamo. “Non mi sono mai intromesso nelle designazioni, né alterato arbitraggi“.
LE SCHEDE SVIZZERE – Moggi si è soffermato inoltre sul capitolo delle schede svizzere distribuite agli arbitri ribadendo che nell’ambito di uno spionaggio industriale messo in atto da Telecom per conto dell’Inter nei confronti della Juve queste ultime servivano per non essere intercettati con riferimento in particolare alle operazioni di mercato: “Avevamo preso il calciatore Stankovic – ha ricordato – due mesi dopo il suo procuratore è sparito e ce lo siamo ritrovato all’Inter“. Moggi ne ha avuto anche per Pierluigi Collina “che passava per essere un arbitro sopra le parti, salvo poi allenarsi sul campo del Milan ed essere sponsorizzato a fine carriera dalla stessa azienda automobilistica sponsor del Milan“. “Sul mio conto – ha concluso Moggi, che si è scusato con la Corte per quello che lui stesso ha definito uno sfogo – sono state raccontate tante favole come quella del sequestro all’arbitro Paparesta che non c’è mai stato e che è stato costruito solo su una battuta“.
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