L’ex giallorosso Cafu, ha rilasciato un’intervista per Il Messaggero. Queste le sue parole sul suo passato alla Roma e il lavoro che sta svolgendo Daniele De Rossi:
“Visto che il derby s’è giocato sabato, penso subito al sombrero a Nedved. Ogni volta che incontro un tifoso giallorosso mi chiede sempre come ho fatto” .
E cosa risponde?
“Che è stato un gesto naturale. Come dovrebbe essere il calcio”.
Dica la verità, si sente più romanista che milanista.
“Non mi metta nei guai, per favore (ride). No, no, sono stato benissimo sia a Roma che a Milano“.
Cafu non le ho chiesto se vuole più bene a mamma o papà, un piccolo sforzo.
“Allora, sono stato 6 anni a Roma ed è stato un periodo pazzesco. Con quella squadra rimarremo per sempre nella storia. Quando sono andato al Milan, inizialmente sembrava più facile vincere. Poi ci siamo riusciti ma non è stato facile. È chiaro che Roma ha rappresentato la mia casa subito dopo aver lasciato il Brasile, ho giocato la Champions per la prima volta, non può non ave re un posto speciale nel mio cuore“.
E allora perché ad un certo punto ha deciso di salutare?
“Perché purtroppo le cose finisco-no. La Roma con me era stata chiara, spiegandomi che voleva cambiare e puntare su ragazzi più giovani. Ho accettato la scelta e avevo deciso di fare un’esperienza diversa. Per questo motivo avevo firmato con lo Yokohama, squadra giapponese. Poi un giorno mi chiama Leonardo e mi passa Braida che mi dice che Ancelotti mi vuole al Milan per due stagioni. La mia prima reazione è stata: “Ma siete sicuri? Io ho quasi 33 anni, lo sapete?”. E loro, “Sì, sì ti proponiamo un biennale”. Con queste premesse era impossibile rifiutare. Alla fine ho fatto bene, i due anni sono diventati cinque e ho vinto uno scudetto, un mondiale per club, la Supercoppa, ho disputato due finali di Champions, vincendone una. Poteva andare peggio“.
Tornando alla sua esperienza romana, lei conobbe il primo De Rossi, quello che si affacciava in prima squadra. Se l’aspettava che prima o poi potesse allenarla?
“Sono sempre molto felice quando vedo i miei ex compagni fare bene.E vedere Daniele oggi guidare la Roma e pensare a quel ragazzino che con noi giocava poco e ora e l’allenatore della squadra che ama, non può che farmi piacere. Il calcio è veramente incredibile. Mi fa impressione chiamarlo mister. Direi una bugia se affermassi che mi aspettavo che sarebbe diventato un allenatore. Posso però dire che è sempre stato un ragazzo molto intelligente, uno che studiava e soprattutto molto curioso. Gli auguro tutto il meglio possibile, se lo merita, perché è uno che ha lavorato e studiato per essere dove siede adesso”.