Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – Adesso abbattete anche le barriere mentali, non abbiate timore a essere voi stessi, non annacquate la fantasia che faceva del derby tra la Lazio e la Roma, ordine alfabetico in questo caso, l’impressionismo dello sport, l’installazione artistica più vasta del mondo. Non sembra necessario suggerirlo ai tifosi, ma vai a sapere: due anni di pausa forzata del pensiero possono produrre strani effetti e concimare inutili ripensamenti su se stessi e sulla propria espressività. Invece no. Visto che tornano gli spettatori e tornano i ragazzi delle curve è buono e giusto che tornino anche le grandi coreografie, i tappeti gialli e rossi, bianchi e celesti che trasformavano l’Olimpico in un’infiorata mobile. I gruppi organizzati della Roma rientrano per il derby: non lo hanno annunciato, per adesso, però lo hanno fatto sapere perché vogliono dimostrare che lo sciopero bianco di due stagioni non c’entrava con alcun disamore ma era legato profondamente alle barriere divisorie che ora vengono rimosse. Quelli della Lazio erano già al loro consueto posto, a parte alcuni irriducibili oppositori del presidente Claudio Lotito.
COLPO D’OCCHIO – Comunque la Lazio ha venduto intera la Curva Nord, e sono 7.000 posti. Inoltre apre la vendita dei Distinti lato Tribuna Tevere, segno che sono andati esauriti anche i Distinti dell’altro lato (fanno altri 5.500 spettatori). Ci sono poi a disposizione 3.000 biglietti di Tribuna Monte Mario. Allora 13-14.000 presenze sono date per sicure e con altri quattro giorni davanti si può arrivare molto più su. Alla Roma siamo oltre quota 23.000 con Curva Sud e Distinti pieni. La Tribuna Tevere è destinata ai giallorossi che giocano in casa (mentre l’incasso, trattandosi di Coppa Italia, va diviso in parti uguali). Tutti contano di arrivare sereni a 50.000 e non si pongono limiti alla possibilità di sfiorare numeri da vecchi tempi. Così, per paragone: la media della Lazio in questa Serie A è stata 17.907, quella della Roma 28.364, l’andata della semifinale di Coppa è rimasta sotto i 30.000. Quelli che stanno arrivando sono numeri da derby veri, di quelli che stimolavano le opposte creatività, i volti dei capitani galleggianti su un placido mare giallorosso e l’aquila perfettamente incastrata a tutta curva nel 2015, il “Ti amo” gigantesco e raggelante della Roma nel 1983, il cielo stellato e laziale del 1996, l’ingresso in ritardo non polemico bensì maestoso, da vincitori, dei tifosi biancocelesti nel 2013, i vessilli dell’impero giallorosso alzati nel 2000. Le coreografie migliori sono quelle che innescano il silenzio attonito degli avversari. Un derby, un derby vero, è fatto per il piacere dell’occhio e per lasciare senza voce.