«Sono venuto qui per vincere qualcosa e dare una gioia a questi tifosi». Nicolas Burdisso, uno che in bacheca ha sei campionati nazionali tra Italia e Argentina, due coppe Italia, tre Supercoppe italiane (con l’Inter), tre Libertadores e due Intercontinentali (con il Boca), in quattro anni di Roma non ha vinto niente. Nel 2010 ha perso una finale di Coppa Italia contro l’Inter e, soprattutto, ha dovuto lasciare ai nerazzurri uno scudetto che, dopo una rincorsa incredibile, lui e i suoi compagni sentivano in tasca. Alla vigilia della terza finale da romanista (c’è anche la Supercoppa persa, sempre nel 2010), Burdisso vuole riscrivere la storia. Contro la Lazio sarebbe il modo più bello.
Tensione Senza dire se sarà o meno la sua ultima partita in giallorosso, Nicolas si presenta nella stracolma sala stampa dell’Olimpico, guarda la Coppa Italia, spiega che la «tensione è quella giusta» ed aggiunge:«Pensiamo ad alzare il trofeo, abbiamo la giusta mentalità. È una partita storica, diversa dagli altri derby e da tutte quelle che abbiamo affrontato finora». La più importante della sua carriera? Forse. Di sicuro la più sentita:«Per le motivazioni che ho dopo quattro anni qui e per come la gente sta vivendo quest’attesa so che è speciale. Abbiamo lottato per arrivare a giocarci questa Coppa, sappiamo che tutto il mondo ci guarda e abbiamo la possibilità di diventare campioni».
Klose e non solo Da difensore, Burdisso sa che il tedesco è il pericolo numero uno. Ma non c’è solo lui: «Sappiamo le potenzialità sue e della Lazio e sappiamo come possono farci male. Ma sappiamo anche come farlo noi a loro». Il segreto è uno: «Mi auguro che questa sia la partita di De Rossi, ma mai come stavolta è il gruppo che conta. Sarà la partita della squadra e di chi lavora a Trigoria».
Il regalo più grande Pensa ai tifosi, ai compagni, a chi fatica al Fulvio Bernardini ogni giorno. Ma, Nicolas Burdisso, pensa un po’ anche a se stesso. Difficile dargli torto: un anno fa, era il 24 maggio 2012, giocava per la prima volta un’amichevole con la Primavera a sei mesi dal terribile infortunio al ginocchio sinistro. Oggi scende in campo per il derby di Roma più importante di sempre. E chissà se dopo quella notte in Colombia, dove si fece male durante una partita con la Nazionale, se lo sarebbe aspettato. Di certo, da quando i medici gli hanno assicurato che sarebbe tornato a giocare, non ha saltato un giorno di allenamento. Anche per questo, dice emozionato, «spero di fare un regalo a me stesso. Per tutto quello che ho passato negli ultimi due anni».
Gazzetta dello Sport – C. Zucchelli