Il Messaggero (A. Angeloni) – Troppa Budapest nella testa e troppo Bayer Leverkusen nelle gambe. La Roma si traveste da squadra seria, ancora con l’obiettivo minimo da perseguire in campionato. Dybala sta ancora male e questo comincia a destare qualche preoccupazione di troppo; Smalling è appena recuperato e Wijnaldum non è ancora in condizione; cenni di ripresa da El Shaarawy e da Llorente.
A Budapest mancano otto giorni e la Roma è in apnea: pensa solo allafinalee questo lo fa capire ampiamentel’allenatore, schierando contro la Salernitana una formazione a dir poco sperimentale. Ed ecco che il pari non è affatto un risultato a sorpresa, anzi. Un pareggio che per poco non diventava una vittoria, grazie agli innesti nella ripresa. La formazione che José sceglie per il primo tempo è tremendamente fragile. Bove fa prima il centrale di difesa e poi si sposta a fare il terzino. In mezzo c’è il giovane Tahirovic che mostra i suoi limiti d’inesperienza, più Camara eterno pasticcione, davanti Belotti e Solbakken, che la vedono davvero poco.
Mou nella ripresa si affida ai “suoi” per cercare quel successo che poteva riportare i giallorossi addirittura a ridosso della zona Champions, che invece ora è più lontana. La partita la risolve proprio Matic, quello che più di tutti dà la scossa al gruppo, richiamandolo all’orgoglio. Ma le atmosfere di Coppa hanno un altro sapore e questa Roma non si può permettere di moltiplicare gli sforzi: non a caso nelle ultime sei partite ha preso solo quattro punti. La carica è più emotiva che tecnica. La Roma non si è goduta nemmeno la festa con i suoi tifosi per la conquista della finale, visto che la Sud a metà primo tempo ha abbandonato il settore per protesta contro le forze dell’ordine, che hanno trattenuto fuori uno striscione. Per festeggiare, eventualmente, ci sarà tempo.