La Gazzetta dello Sport (F. Conticello) – Le domande di un calciatore, anzi di un appassionato: che ha fatto la Juve a Lecce? Come posso vedere la Roma? Quando torno in campo? E poi l’esclamazione, romanesca e squillante, un misto di volontà e speranza: vojo giocà.

Anche dentro al reparto di Terapia Intensiva dell’ospedale Careggi di Firenze, Edoardo Bove ha in mente solo il calcio: è la normalità da ritrovare, almeno qualche pezzo un po’ alla volta. In quel letto rimarrà tutto oggi e poi, se verranno confermati i miglioramenti delle ultime 24 ore, sarà spostato nel semplice reparto di Cardiologia. In ogni caso, verrà monitorato giornalmente: tutti gli esami si sono ormai concentrati esclusivamente sul cuore, sia nella ricostruzione di quanto accaduto in campo sia nello storico della sua esperienza precedente. Escluso qualsiasi problema di natura neurologica (compreso l’attacco epilettico, identificato frettolosamente da qualcuno domenica pomeriggio), si cerca di capire le vere ragioni che abbiano portato all’attacco cardiaco nel prato del Franchi.

È durato alcuni secondi e, dopo una prima stabilizzazione, ci sarebbe stata una piccola ricaduta che avrebbe obbligato a intervenire dentro all’ambulanza verso Careggi. Poi in ospedale la tac al cervello, l’intubazione, la sedazione farmacologica. Ieri non è stata segnalata nessuna contusione dopo lo scontro in campo con Dumfries, ma è stata confermata totalmente la diagnosi iniziale che parlava di aritmia. È sopraggiunta, nel gergo cardiologico, per una “torsione di punta”: si tratta di una forma di tachicardia ventricolare dovuta al “QT lungo”, come è chiamato l’allungamento dell’intervallo tra due onde, Q e T, dell’elettrocardiogramma, cioè tra il momento in cui comincia la contrazione dei ventricoli e quello in cui si conclude la ricarica elettrica che avviene dopo ogni battito.

Di mattina è arrivato il risveglio senza più macchinari, poi i primi tubicini che vengono staccati, il ringraziamento all’équipe medica di eccellenza che lo ha in cura. Poi in serata pure un po’ di commozione nel vedere la “sua” vecchia Roma, con tanto di dedica da parte di tutto l’Olimpico.