Quando è uscito col volto rigato dal sangue sembrava un Pierrot guerriero: la più bella maschera di questo carnevale romanista. Quella della fatica. Fabio Borini è un mozzico, un lampo, un esempio. Ieri è stato l’errore di tutti i quotidiani visto che nessuno lo dava in formazione, più che mai ieri – e un po’ anche per questo – è stata la scelta di Luis Enrique. È così che la Roma ha vinto. In quel modo, con quel volto e con quelle caratteristiche: cattiveria, sudore, generosità, se possibile sangue. Un modo molto romano, come quella fantastica esultanza che s’è inventato Er più di Roma-Parma, una storia d’amore e di coltelli. Fabio Borini è sicuramente mejo di Celentano. Senza una pausa mai. L’aveva detto in settimana Sabatini: “Il lavoro dell’allenatore su cui la squadra si sta sintonizzando lo definirei una corda tesa allo spasimo, con forza, cattivera e abnegazione“.
Il calcio esclusivo di Luis Enrique è un modo di vivere al limite, fino ad andare a difendere soltanto la linea dell’orizzonte che è quella del centrocampo. Per riuscire in questo bisogna essere sognatori avendo però “orari da operaio siderurgico“. Borini è un metalmeccanico del pallone, che ha colpi d’orafo. Il suo definitivo 1-0 di ieri è anche bello. Una mazzafiondata e un colpo di biliardo. Così come la vittoria della Roma che ha soprattutto questa caratteristica: la Roma ha vinto meno male di quello che sembra. C’è del bello in questo 1-0 che sembra piccolo piccolo e un po’ bruttino (ma poi visti i fatti in serata dalla Sicilia non può sembrare proprio niente brutto ieri). E’ perché uno è romanista che ha sofferto fino alla fine, ma a parte una palla gol regalata a Okaka (e Stekelenburg è sempre più l’unico dopo Tancredi) la Roma ieri non ha sofferto mai. Era facile? Forse. Era comunque quello che si doveva fare. E poi facile fino a un certo punto visto che il Parma da quando ce l’ha Donadoni, uno che un po’ grigio sembra sempre, non aveva mai perso. C’è del bello anche in questo, oltre che nella classifica e nel cappotto da barzelletta della Lazio di Alfaro Vitali a Palermo. Senza guardare avanti perché prima bisogna trovare la continuità, continuando a essere Borini come John Malkovich, siamo sopra a Inter e Napoli e prima dell’inizio del campionato quanti l’avrebbero pronosticato? Siamo molto al di sopra di squadre come Genoa, Fiorentina e dello stesso Palermo che molti a inizio campionato davano allo stesso livello di una squadra cambiata nella proprietà, nella dirigenza, nello staff tecnico e atletico e per undici giocatori.
Basta? No. C’è del bello sotto questo RomaParma da 1-0 e non è sicuramente l’arbitro (eliminate la sezione di Schio), ma è come la Roma ha reagito in campo e fuori al signor Peruzzo: un rigore e mezzo non dato contro il Parma esattamente come è capitato alla Juventus una settimana fa. La Roma ha reagito e vinto da sola, la Juventus ha fatto la Juventus. Lacrime e impunità. La maschera di Borini e il parrucchino di Conte. La differenza fra me Roma e te Juventus è sempre tutto e oggi a Viareggio ci giochiamo il ritorno al futuro. Da una parte il potere, da questa i padri che continuano a baciarsi i figli (soprattutto se piangono), col più piccolo del vivaio di tutta la Roma che premia il più grande di tutta la storia della Roma. Questione di proporzioni. Mentre la Sud canta a Giovinco “arzate in piedi” prima che Miccoli in serata si trasformi in un gigante.
Il Romanista – Franco Bovaio