Quali fossero i rapporti tra il presidente del consiglio comunale di Roma e gli imprenditori ben si comprende ascoltando le parole del costruttore Luca Parnasi, che a un amico rivela: «Ho ritenuto di affidare un incarico allo studio Mezzacapo per non scontentare Marcello De Vito». Eccola la «messa a disposizione della funzione pubblica» che ha convinto il giudice a ordinare l’arresto del politico pentastellato. Il resto lo fanno i soldi che De Vito e il suo socio Camillo Mezzacapo avrebbero fatto arrivare su conti della Mdl srl trovati grazie alle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. Come riporta il quotidiano Corriere della Sera, De Vito e Mezzacapo erano soci di studio e da quando il primo è entrato in politica, l’altro sembra essersi ritagliato un ruolo di mediatore tra lui e gli imprenditori. De Vito in questi mesi ha ottenuto 260 mila euro, più una promessa per altri 140 mila. Per far approvare le delibere, De Vito evidentemente sa che non può contare solo su sé stesso. Il giudice lo dice in maniera chiara lasciando intendere che le indagini non sono affatto concluse e potrebbero presto portare ad altri clamorosi sviluppi: «La funzione pubblica esercitata da De Vito è oggetto di mercimonio, stabilmente asservita agli interessi dei privati». Il giudice inoltre sottolinea come De Vito e Mezzacapo «sono sempre a caccia di un modo per ampliare il loro “portafoglio clienti”». E tra le conversazioni che lo dimostrano ne cita una del 31 maggio scorso, quando si affronta il problema dello stadio. De Vito appare preoccupato, vuole sapere «noi come ci entriamo?». E Parnasi non si scompone: «Usiamo il solito schema». Vale a dire «fatture emesse da Vecchiarelli con una duplice finalità: giustificare formalmente la percezione del prezzo della corruzione e consentire alle società del gruppo Parnasi l’evasione delle imposte».