Intervistato ai microfoni di Sportweek, Riccardo Calafiori, ha parlato della sua esperienza a Roma, con il grave infortunio e poi la rinascita con il Bologna di Thiago Motta. Queste le sue dichiarazioni:
Era il 2018, gara di Youth League, tu con la Roma e davanti il Viktoria Plzen. Intervento di Svoboda, ginocchio sinistro che riporta la rottura di legamenti, menischi e capsula. Da quel giorno?
“Essendo giovane magari l’incoscienza, la sana incoscienza, mi ha aiutato. E grazie alla famiglia e agli amici più vicini ho voluto farcela. Quando mi sono ripreso, dandoci dentro come non mai, sai che soprannome mi ha dato mio padre? Ruspa: perché ero travolgente, non mi fermavo davanti a niente, palla o gamba come si suol dire (sorride, ndr), andavo avanti come se dovessi recuperare tutto”.
Sei grato a chi, nel calcio?
“A Daniele De Rossi: quando ero un baby infortunato lui mi portava a casa, mi aspettava, mi riprendeva. E a Totti. Ora a Thiago Motta, con lui ho imparato tanti altri aspetti del calcio che non conoscevo”.
Nella vita?
“A tutta la mia famiglia, agli amici dentro e fuori il calcio, che si tratti del mio migliore amico, che si chiama Cesaroni o di Bove della Roma o Bouah, che sta al Catania. E alla mia ragazza, Benedetta”.
Con Mourinho come andò?
“Con lui cominciai anche abbastanza bene poi ci fu la gara contro il Bodø in cui perdemmo 6-1: da lì le cose precipitarono. Io cominciai a guardare dalla panchina, le scelte andarono su altri ma la mia necessità e volontà erano quelle di giocare. Fu una sua scelta, certo, ma ti dico anche una cosa: io e Mou ci sentiamo, mi ha scritto diversi messaggi, c’è un bel rapporto fra noi”.