La parata di Stekelenburg. Il gol di Osvaldo. Ma anche e soprattutto il gol di Bojan. Era novembre, l’autunno era appena iniziato, le speranze dello spagnolo di fare una grande stagione erano ancora lì, appese agli scarpini e a una voglia di rivincita che sembrava essere la sua marcia in più.
I fatti sono andati diversamente, la storia di questi mesi racconta di un Bojan che ha visto il campo col contagocce, quasi mai dall’inizio. Quattro gol totali, tanta panchina, tante delusioni. Il suo volto spesso dice più delle parole. Basta saperlo interpretare. Da qualche settimana però qualcosa è cambiato: lo spagnolo ha messo da parte le malinconie e i dubbi sul suo futuro per cercare di riprendersi il presente e cioè la Roma. Totti, Osvaldo e Lamela non gli rendono la vita facile, Luis Enrique ne fa sempre malvolentieri a meno, chi per un motivo chi per l’altro. Bojan in allenamento ha però cambiato marcia, cercando di convincere l’allenatore a dargli una possibilità. Ieri, ad esempio, è stato uno dei migliori: sempre reattivo, freddo sotto porta, con la speranza domani di affiancare il Capitano e Osvaldo dal primo minuto mandando l’amico Lamela (escono sempre più spesso insieme accompagnati anche da José Angel) in panchina.
Con la speranza che riviva una giornata come quella dell’andata. È entrato in campo al 62’ al posto di Greco, neanche 10 minuti dopo ha portato la Roma in vantaggio con un destro al volo, che a tanti ha ricordato il gol di Batistuta a Parma nell’anno dello scudetto, e che ha dato il via ad una vittoria decisiva per archiviare i due passi falsi contro Genoa e Milan. Sembrava, come detto, l’inizio di una rinascita. Di una storia d’amore importante, caratterizzata da quell’esultanza quasi spavalda a braccia spalancate. In maglia bianca. È stato, invece, un caso isolato. Da quel momento quasi nessuna soddisfazione, se si esclude un gran gol all’Inter in casa anche se a risultato ormai definito. Dopo quella rete Bojan sperava di avere più spazio, la panchina nel recupero di Catania per far spazio a Piscitella è stata una mazzata e sia il mental coach Llorente sia i dirigenti hanno faticato parecchio per tirarlo su di morale. E convincerlo che nella Roma ci sarebbero state ancora possibilità per lui. Luis Enrique, invece, ci ha parlato poco. (…)
Il Romanista – Chiara Zucchelli