Libero (F.Giordano) – Alla Fifa saltano certezze come tappi di champagne. Che sicuramente Blatter non avrà avuto modo di ritirare dal frigo, essendo troppo impegnato, all’indomani della vittoria nella corsa allo scranno più alto della Fifa, a togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «È in atto una campagna d’odio contro la Fifa, che viene da un’intera organizzazione, l’Uefa, che non si capacita che io sia presidente dal 1998». Stoccata al veleno dopo che Michel Platini, numero uno della Federazione europea, lo aveva invitato a farsi da parte, per poi appoggiare il suo sfidante Al Hussein: «Io perdono tutto il mondo, ma non dimentico», l’inquietante battuta riservata da Blatter al dirigente francese.
Incassato il voto per il quinto mandato di fila, per lo svizzero la strada in salita comincia adesso. Perché la spaccatura che si è creata con la confederazione più prestigiosa, l’Uefa, non è risolvibile con un semplice colpo di spugna. Platini non ha escluso il grande passo: abbandonare per protesta la Fifa. A Berlino, in occasione della finale di Champions, l’Uefa terrà un summit per valutare la situazione. Uno scenario temutissimo da Blatter: «L’Uefa fa parte della Fifa, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ed entrambi abbiamo a cuore l’immagine della Coppa del Mondo». È proprio qui che si consuma lo scontro: un’eventuale uscita dell’Uefa implicherebbe la mancata partecipazione delle Nazionali europee ai Mondiali, con grave danno non solo di immagine, ma soprattutto economico per la Fifa (sponsor in fuga e valore dei diritti televisivi in netto calo in primis). Del resto, ben prima della votazione di venerdì, l’Inghilterra aveva già minacciato di boicottare la Coppa del Mondo del 2018, per la cui organizzazione si era candidata (confermate le sedi di Russia e Qatar per i prossimi due Mondiali), così come, in tempi non sospetti, la Germania aveva dichiarato che le nazioni Uefa stavano soppesando l’opportunità di lasciare la Fifa dopo che il report Garcia sugli scandali non era stato pubblicato. Un campanello d’allarme è già suonato: David Gill, vicepresidente della FA inglese, non accetterà la vicepresidenza Fifa. Ma anche l’Uefa al proprio interno ha voci discordanti, e non solo quelle già note (come la Russia). Noel le Graet, presidente della Federcalcio francese, ha ammesso di aver votato Blatter. E Beckenbauer ha detto che a non funzionare è «il sistema, non l’individuo».
Ieri, nel frattempo, Blatter è andato avanti a suon di dichiarazioni forti, paventando un disegno degli Stati Uniti per screditarlo: «Due segni non ingannano: il primo è che gli Usa erano candidati per ospitare il Mondiale del 2022, il secondo è che sono il principale sponsor della casa regnante di Giordania, da dove proviene il mio sfidante Al Hussein». Adottando invece toni più ecumenici nella conferenza di insediamento: «133 Federazioni mi hanno dato la loro fiducia: già da oggi ci metteremo al lavoro per portare la Fifa fuori dalla tempesta, e assicurarle un futuro gioioso». E sulla possi- bile fuga degli sponsor: «Mi recherò nelle loro sedi per parlare personalmente con loro. Sistemerò tutto». Come Mr Wolf, risolvo problemi. Ma molto meno gradito.