La Gazzetta dello Sport (F. Licari) – «No winners, only losers», canta qualcuno all’uscita dall’Hallenstadion dove si è celebrato l’ennesimo psicodramma della politica sportiva mondiale. Nessun vincitore, solo perdenti, ma è una sentenza che andrà verificata più avanti, seguendo gli sviluppi delle inchieste che inchiodano la Fifa alle sue responsabilità penali e il presidente a quelle morali. Aspettando altre sentenze, dai tribunali però. Per il momento, ballando un po’ sul Titanic personale, Sepp Blatter può permettersi lo stesso di esultare: è ancora presidente della Federazione mondiale, ha vinto per la quinta volta dal 1998, ma è un po’ meno saldo di prima. E non è detto che il mandato arriverà al 2019. Ha sconfitto lo sfidante, il principe giordano Ali, dopo la prima votazione. In realtà il 133-73 avrebbe portato al secondo ballottaggio, nel quale bastavano 105 voti e maggioranza semplice, ma Ali ha rinunciato a proseguire: la sua missione, prendere più di 70 preferenze – e qui è stato fondamentale Michel Platini –, è compiuta. Lo show è finito. Adesso per la Fifa, per il calcio mondiale, cominciano i guai.
BALLOTTAGGIO? RITIRO Uno psicodramma in molti atti, durato addirittura dieci ore, dalle 9,40 alle 19,40. Dieci ore interminabili ma istruttive di un sistema, quello della Fifa, dove nessuno si pone interrogativi e osa contraddire chi comanda. Nessuno per esempio «legge» il bilancio oltre l’impalcatura ben costruita che nasconde una crisi finanziaria preoccupante. Nessuno chiede a Blatter di evitare almeno uno dei quattro interventi retorici. Un sistema che fa finta di non sentire e vedere quello che succede: 133 voti sono quasi la maggioranza qualificata dei due terzi. Altri 7 voti e Ali sarebbe finito k.o. subito. Qualcosa, però, Blatter ha perso per strada in questi giorni: invece dell’apoteosi solita, ha ceduto 70 preferenze al rivale. Da chi sono arrivate? Una quarantina dall’Europa, una ventina dall’Asia e dall’Oceania, una decina dalle Americhe.
ALTRO CHE 80 ANNI Ma che Blatter non si potesse battere lo sapeva anche Platini. Quest’uomo di quasi ottant’anni è una roccia quando si affaccia sul palco per l’ultima volta, con uno strafottente «l’età non è un problema, ci sono cinquantenni che sembrano più vecchi». E va a ruota libera: «Vi voglio bene, amo il mio lavoro. Non sono perfetto ma nessuno lo è, sono sicuro che assieme faremo un gran lavoro, grazie per la fiducia». Dimenticando – no, lui no, gli altri sì – che sono più o meno le stesse parole pronunciate nelle altre occasioni. Perché, con espressione che non conosce vergogna, dice: «È stato un cataclisma. Mi prendo la responsabilità di quanto successo, ma non abbiamo bisogno di rivoluzione. Solo di evoluzione». Come se niente fosse, come se l’amministratore delegato di una società non fosse responsabile quantomeno di omessa vigilanza.
VI PIACE QUESTO CALCIO? Però Blatter, che resta un grande stratega, ha ragione da vendere quando estende la chiamata di responsabilità a tutti quelli che gli stanno attorno e che l’hanno votato oggi o quattro anni fa (vero, Europa?): infatti ricorda che il calcio mostruoso e ricchissimo di oggi porta vantaggi a tutti. «Con il matrimonio con la tv c’è stata l’esplosione della Fifa e della passione mondiale. Il calcio è uno sport televisivo. I soldi sono andati a giocatori, club: non è più un semplice sport ma una grande attività commerciale e industriale. E le federazioni ne sono le azioniste». Il messaggio è chiaro: il calcio è questo, i soldi circolano e piacciono a tutti, certe derive, come nella società civile, sono inevitabili.
PRIMA SFIDA: POSTI AL MONDIALE E adesso? Adesso comincia la «vendetta», da consumare calda. Già Blatter ha lanciato un avviso all’Uefa: «Gli equilibri dell’Esecutivo sono da modificare». Un modo per dire che in futuro i membri europei potrebbero essere meno di 8. E poi oggi c’è l’Esecutivo straordinario nel quale, forte della rielezione, porterà avanti la sua idea di ridurre il numero di squadre europee dal Mondiale 2018: Platini ne vuole 13 più la Russia ospitante, Blatter gliene vorrebbe togliere almeno una, alla fine potrebbe spuntare un playoff internazionale contro un altro continente. Le qualificazioni europee, così, diventeranno un massacro. E la decisione, che sarà presa stamattina, servirà a capire quanto è forte ancora Blatter nel governo ristretto del calcio.
DAI TRIBUNALI Naturalmente non è soltanto su questo che si gioca il confronto, anche se un posto in meno è un disastro per l’Europa che offre sempre il miglior calcio mondiale. Passa tutto, purtroppo, da fuori: perché «dentro» l’opposizione potrebbe non avere ancora i numeri per limitare il potere di Blatter. «Fuori» s’intendono i tribunali, le nuove incriminazioni in arrivo, il fatto che tra gli interessati spunteranno presto società di marketing televisivo, nomi noti, alti dirigenti, complici all’interno della stessa Fifa, organizzatori del Mondiale di Sudafrica 2010 e nomi per ora in mani di investigatori Usa e svizzeri. In tutto questo lo sfidante, Ali, in un inglese impeccabile, non infiamma la platea con un discorso tutto sommato poco grintoso, non da contendente col coltello tra i denti: in fondo si è sacrificato nel nome dell’opposizione di Platini. Ah, per non farsi mancare niente, ieri c’è stato anche il solito, falso, allarme bomba e l’evacuazione. Tutto normale, è la Fifa. State tranquilli, altri «allarmi bomba» non mancheranno. Per ora, è Blatter V.