La Gazzetta dello Sport – Manuel Pellegrini ha parlato al quotidiano. L’allenatore del Betis ha rilasciato un’intervista in merito alla partita di domani contro la Roma. Gli andalusiani e i giallorossi si affronteranno per la vetta della classifica del girone di Europa League. L’allenatore cileno ha parlato anche di José Mourinho. Di seguito le parole.
Analizziamo le sue radici italiane.
E romane! Mio nonno è arrivato in Cile quando aveva 5 anni, e sua madre era di Roma. Ma non penso di essere parente del capitano della Roma perché mi dicono che i Pellegrini a Roma siano parecchi… I Ripamonti, i nonni materni, invece venivano dal Nord. Parlo italiano e mi sento italiano, sono venuto a fare il corso per allenatori a Coverciano nel 1985 con Fino Fini, ho viaggiato per l’Italia in lungo e in largo, Roma compresa: una città incredibile che non finisce mai di stupire chi la visita. Ci puoi andare trenta volte, troverai sempre qualcosa che non hai visto….
Però ha allenato ovunque, Cina compresa, e non nella nostra Serie A.
Ed è il mio grande rimpianto. Mi manca, ci penso spesso. E non vale dire non si sa mai, perché con il Betis sono legato fino al 2025 e io i contratti li rispetto. Nel recente passato sono stato vicino al Milan, ma c’era in ballo un cambio di proprietà così sono andato in Cina (era il 2016, ndr ). E poi mi ha cercato la Roma, ma ero in Asia e non mi sembrava giusto lasciarli a piedi.
Adesso ritrova José Mourinho, un allenatore che ha sfidato tante volte in Spagna e in Inghilterra.
Un allenatore che ha avuto una carriera brillante e che andando alla Roma ha fatto una scelta di maturità. Ricordo che quando io dopo il Real Madrid, che lo prese al mio posto, andai al Malaga disse che lui non avrebbe mai allenato una squadra come il Malaga. Una frase che divenne virale, come si dice oggi. Io ero orgoglioso di essere andato a Malaga perché vivo di sfide e quello era un progetto nuovo, e arrivammo ai quarti di Champions. Credo che a Mourinho sia successa un po’ la stessa cosa: era nell’élite del calcio e ora anche lui vive di sfide, come portare la Roma in Champions, o vincere la Conference League. Ha preso dei giocatori che l’hanno fatto crescere: non è entrato in decadenza, ma ha avuto uscite conflittuali in tutti gli ultimi grandi club dove è stato. Per questo la scelta della Roma mi è parsa un passo di grande maturità, passo che io avevo fatto 10 anni prima andando a Malaga. E ora la Roma ha un grande allenatore con il quale può fare il salto di qualità definitivo, mi sembra un obiettivo chiaro perché stanno comprando grandi giocatori come Dybala.
Roma e Betis sono realtà simili?
Per la passione che generano, sì. Loro hanno vinto la Conference, noi la Copa del Rey. Abbiamo stadi grandi sempre pieni, e per quanto riguarda il Betis questo entusiasmo a mio avviso deve trovare una risposta economica da parte del club. Nel mio mandato inizialmente abbiamo preso solo svincolati e quest’anno abbiamo avuto problemi a tesserare i nuovi per il controllo economico della Liga, ma siamo sulla buona strada.
Il doppio confronto con la Roma?
Complicato e decisivo, sono 6 punti chiave. La Roma ha le caratteristiche del suo allenatore: difende bene, è aggressiva e cerca di sorprendere il rivale in contropiede. E il Ludogorets ha dimostrato di essere una squadra competitiva.