Corriere dello Sport (R.Maida) – Frenesia Roma. Dopo aver vissuto l’atmosfera di uno stadio inglese, peraltro non così confortevole nel caso di Stamford Bridge, la società auspica a breve una svolta importante per il dossier Tor di Valle, aspettando la riunione della conferenza dei servizi della Regione Lazio prevista nella prima decade di novembre. Da Capri, in un insolito venerdì di freddo per l’isola dei faraglioni, Mauro Baldissoni è stato sollecitato sull’argomento stadio a margine del convegno dei giovani di confindustria. «Se avremo l’ok per l’inizio dei lavori entro le prossime due, tre o quattro settimane – spiega il dg della Roma – potremo aprire lo stadio entro la fine della stagione 2020/21. Un ritardo di poche settimane può determinare la perdita della stagione successiva».
FRETTA – Baldissoni insomma chiede di fare presto, convinto che la parte proponente (la Roma e il costruttore Parnasi) abbia fatto tutto quello che era necessario per allineare il progetto alle richieste della conferenza dei servizi, dopo la consegna delle ultime integrazioni avvenuta lunedì scorso: «Gli enti locali stanno lavorando, aspettiamo una risposta, non dipende da noi. Noi crediamo e speriamo che lo stadio si faccia: le nuove infrastrutture sportive sono un’esigenza per il Paese, non solo per la Roma. Ancora non riusciamo a realizzare in modo veloce quello che vogliamo». Se la Regione fornisse un parere favorevole entro poche settimane «apriremmo i cantieri entro il primo trimestre del 2018». Perché prima comunque bisognerebbe coprire il finanziamento per l’opera con i tempi tecnici di stipula dei contratti con le banche e andrebbe ripulito il sito di Tor di Valle, che da anni versa in uno stato di degrado.
CALMA – Dalla Regione però sui tempi frenano. La conferenza dei servizi scadrà il 28 dicembre. E il pool di tecnici impegnati nell’esame del progetto non prevede di pronunciarsi con la velocità che chiede la Roma, visto che le integrazioni sono state consegnate nell’ultimo giorno utile, appunto il 16 ottobre. Anzi, la conferenza dei servizi avrebbe facoltà di chiedere un mese di sospensione per una valutazione più approfondita del dossier e quindi andare oltre dicembre (eventualità al momento non prevedibile). Anche se tutte le parti politiche coinvolte sono concordi nell’idea di arrivare a una soluzione positiva, che consenta alla Roma di costruire lo stadio di proprietà, va chiarito il problema del Ponte di Traiano, che era previsto nel primo progetto e poi era stato eliminato per accontentare la Giunta Raggi che pretendeva una consistente riduzione delle cubature (con conseguente smantellamento di alcune opere pubbiche) per firmare l’accordo di fine febbraio. Adesso, secondo gli accertamenti dei tecnici che poi dovrebbero mettere la firma sulle relazioni e sui vari permessi, è tornata d’attualità la necessità di costruire il suddetto ponte per snellire la viabilità nei giorni delle partite.
CONSEGUENZE – La speranza della Roma è che questo ostacolo venga definitivamente (e rapidamente) eliminato dalla discussione. In caso contrario, andrebbe trovato un nuovo accordo che stabilisca chi debba finanziare la costruzione del ponte. La Roma lo avrebbe realizzato con risorse proprie solo con le cubature del primo progetto. Ora invece chi lo paga?