Il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, è intervenuto ai microfoni di Radio 24. Queste le dichiarazioni del dirigente giallorosso:
Cosa farà la Roma nelle prossime otto ore?
Non credo molto, nel senso che è arrivato un ragazzo che sta facendo, anzi completando, le visite mediche e sostituirà nella rosa Emerson Palmieri nella rosa. Completeremo questa operazione poi ds Monchi fino all’ultima ora sarà in allerta perché potrebbero verificarsi alcune situazioni, ma che non determinano stravolgimenti particolari.
La Roma ha confermato Nainggolan e Dzeko. C’era bisogno di una cessione importante?
Credo che sia opportuno fare un po’ chiarezza, non so quanto tempo abbiamo (ride, ndr). Questa è una città che cade facilmente nel turbamento. Non è necessario fare una cessione, purtroppo da qualche anno le squadre non sono libere di agire secondo le proprie strategie ma devono in qualche modo fare i conti con un regolamento internazionale, che dall’anno scorso è diventato anche italiano, ovvero quello che definiamo Fair Play Finanziario e che implica alcune restrizioni nell’operatività. Essenzialmente, senza essere troppo tecnici altrimenti diventa una materia difficile, bisogna raggiungere il pareggio di bilancio: i costi devono essere corrispondenti ai ricavi, altrimenti bisogna recuperare con degli attivi di bilancio. Non è una questione di denaro, la Roma non ha bisogno di soldi perché, quando servono, abbiamo una proprietà solida che li mette. Dovreste saperlo, basta guardare i bilanci pubblici, essendo la Roma anche quotata. Soltanto negli ultimi 15 mesi la proprietà ci ha inviato circa 100 milioni, per l’esattezza 98 milioni. Senza contare quelli precedenti, per esempio l’aumento di capitale del 2014 erano altri 100.
Se Pallotta domani volesse fare un ulteriore regalo, mettendo 100 o 200 milioni del suo patrimonio personale, risolverebbe i problemi del fair play?
Purtroppo no. Come ha fatto negli ultimi mesi o nella stagione scorsa, dove la Roma ha fallito l’ingresso in Champions League, perché ha perso il preliminare con il Porto, quindi aveva una rosa con dei costi tarati per una competizione di un certo livello, ovvero onerosa, ed ha fallito l’ingresso in Champions con i ricavi conseguenti. La proprietà però ha contribuito a fare i versamenti necessari per mantenere la gestione di questi costi elevati. Questo però non è utile a rispettare il parametro di bilancio, che non fa considerare i contributi della proprietà come attivi di bilancio, in grado di neutralizzare i soldi e le perdite. L’istituzione del Fair Play nasce proprio per questo motivo qui, perché, dopo l’acquisizione di Manchester City e del Psg da parte di due proprietà che facevano riferimento a due stati, altre grandi società sportive si erano allarmate la Uefa ha voluto porre questo limite per evitare che un proprietario ricchissimo potesse avere una possibilità infinita di spesa violando la competizione.
Perché vendere a gennaio?
Intanto siamo al 31 gennaio, che è l’ultimo giorno di mercato, e la Roma ha venduto un solo calciatore e solamente ieri, questo ha dimostrazione che non c’era alcuna intenzione di vendere calciatori. C’era un’opportunità da ascoltare. Ovviamente, avendo delle necessità, bisogna cercare di essere così bravi nel trasformare le necessità in opportunità, cosa che la Roma ha fatto in questi anni. La prendo un po’ alla lunga, tanto abbiamo tempo. Avendo acquisito una società con una situazione di perdita pregressa negli ultimi anni, per quanto riguarda il conteggio del Financial Fair Play, quindi sanzionabili, infatti la Roma è stata sanzionata nonostante la proprietà fosse arrivata da poco, ma è un calcolo pluriennale di perdite ai fini del rispetto dei parametri del Fair Play, la Roma è stata soggetta a sanzione. Le strade erano due: abbattere i costi di gestione e tornare a crescere dal punto della competitività sportiva e quindi dei costi della rosa, in parallelo con una crescita organica dei ricavi, immaginate quanto ci sarebbe voluto. L’altra strada era quella di continuare ad investire, mantenendo i costi alti e recuperando il differenziale tra costi e ricavi attraverso la cessione di calciatori e quindi grazie alle plusvalenze che, appunto, consentono di sistemare il bilancio. Facendo questo la Roma è riuscita a mantenere la competitività anno dopo anno, tanto è vero che è stata stabilmente in Champions League negli ultimi quattro anni, salvo fallire l’accesso attraverso il preliminare lo scorso anno. Una necessità può diventare un’opportunità. Se arriva un’offerta imprevista su un giocatore, come è successo con Dzeko a gennaio, e può essere ritenuta interessante per la dimensione dell’offerta, in considerazione del fatto che, in caso di eventuale cessione di Dzeko, che poi non si è verificata, si sarebbe valutare come impiegare il denaro per garantire altrettanta o maggiore competitività alla squadra, che è compito della direzione sportivo, essa viene considerata.
La vicenda Dzeko-Chelsea perché non si è concretizzata?
Se la Roma avesse avuto l’esigenza di vendere avrebbe favorito questa cessione. La Roma ha mantenuto le proprie richieste perché poteva diventare interessante a certe condizioni, questo valeva per la Roma così per il calciatore. Non abbiamo avuto fretta di accelerare nulla ed infatti siamo ben felici che sia rimasto perché, qualora fosse uscito sarebbe stato compito della direzione sportiva trovare soluzioni altrettanto competitive, ma Dzeko è un grande campione e siamo felici che sia rimasto.
C’è l’impressione di non poter fare progetti a lungo termine con queste cessioni. Si prova a vincere o si fa trading?
Quando si acquista una società che ha una struttura di costi e ricavi talmente sbilanciata da partire da -58 milioni di perdita, con un valore patrimoniale di calciatori pari a 37 milioni, perché erano alla fine di un percorso di carriera e anagrafico. O si abbattono i costi di gestione ricominciando da zero e facendo crescere contemporaneamente i ricavi, che significa raggiungere la competitività sportiva tra dieci anni, o si fa quello che abbiamo fatto noi: abbiamo investito e mantenuto livelli di costo gestionale alto. I costi di gestione per l’80% finiscono nei salari dei giocatori. Il fatto che sia un progetto sportivo e non di trading, è testimoniato dal fatto che la Roma continua a mantenere la seconda rosa come costo di gestione della Serie A, pur avendo il quarto o il quinto monte ricavi. Essendo costretta quindi in qualche modo ad adeguare, proprio perché per far crescere i ricavi in maniera organica ci vuole più tempo, attraverso delle cessioni. Le cessioni sono funzionali alla competitività della squadra. E’ stato dimostrato anno dopo anno: negli ultimi quattro anni è stata stabilmente in Champions League, facendo secondo, secondo, terzo e secondo posto. Abbiamo fatto più volte il record di punti della nostra storia. L’obiettivo di rimanere competitivi è stato comunque raggiunto, dovendo passare purtroppo anche attraverso delle cessioni, che sono condizionate da regole internazionali, che non sono un’opzione, ma una necessità. La Roma non può permettersi di non rispettarle.
Il malumore nasce dal fatto che ultimamente la squadra non sta andando bene e gli investimenti come Schick non stanno andando benissimo…
I soldi non sono soltanto spese e investimenti in nuovi calciatori, ma anche attraverso rinnovi che sono molto onerosi e sapete che la Roma ha rinnovato contratti a Strootman, a Nainggolan, a Manolas e Florenzi. Dimostrando di voler continuare a credere nella competitività della squadra e nella esigenza di mantenere giocatori di un certo profilo, ovvero quello internazionale, che la Roma ha. Questa è la testimonianza dell’investimento per una competitività sempre crescente. Purtroppo a volte passa anche per il dovere di sanare il differenziale tra costi e ricavi attraverso delle cessioni. E’ evidente che qualcosa non funziona e bisogna fare meglio, ma questa squadra ha dimostrato di poter competere fino alla prima metà di dicembre, qualificandosi al primo posto nel girone difficilissimo, con grande orgoglio, essendo a ridosso delle prime con una partita da recuperare, ma a metà dicembre le prestazioni ed i risultati sono diventate non all’altezza delle aspettative dei tifosi e delle nostre, oltre che all’altezza delle possibilità di questa squadra. Su questo c’è da lavorare. La delusione della gente è assolutamente giustificata, la loro frustrazione è la nostra, capiamo assolutamente lo sfogo, non possiamo certamente biasimarli.
La Roma è indebolita? Che sanzione vi aspettate per aver sforato uno dei vincoli dell’anno scorso?
Noi in questo momento parliamo di una squadra che ha ceduto Emerson Palmieri, che ha giocato zero minuti in campionato quest’anno ed è stato sostituito da Jonathan Silva che giocava la Champions League con lo Sporting Lisbona ed ha fatto una finale della Libertadores. L’uscita di un giocatore che ha giocato zero minuti fino ad oggi per definizione non può indebolire la Roma. Abbiamo una tematica in corso con l’Uefa, verso la quale siamo estremamente fiduciosi, proprio in virtù di questo percorso. Quello che abbiamo presentato all’Uefa già un paio d’anni fa. Nel corso di questo periodo c’è stata la volontà di rispettare il fair play senza trucchi e senza aggiramenti, cosa che fino ad oggi abbiamo dimostrato di voler fare. Abbiamo sforato un parametro dei quattro che l’Uefa ci impone di rispettare anno dopo anno e solamente nell’ultimo anno dei tre in esame. In conseguenza siamo fiduciosi che, dimostrando che continuiamo ad operare con gli stessi principi, l’Uefa, che ci ha sempre manifestato il compiacimento per quelle che sono le attitudini gestionali della società, dovrà ulteriormente considerare la buona volontà e l’impegno dimostrato nella gestione di questi anni e consentirci di operare in questo modo senza operare sanzioni particolari, questo è ciò che ci aspettiamo.
Questione stadio? E lo sponsor?
Questo è un elemento importante da considerare. Le catene di ricavo sono ben definite nel calcio, una è quella della tv, legata anche alle prestazioni sportive e comprendono anche quelle internazionali, come la partecipazione alla Champions League. Un’altra è quella del botteghino, quindi la partecipazione alle partite da parte dei tifosi. Un’altra ancora è una voce che possiamo chiamare commerciale che fa riferimento ai ricavi di sponsorizzazione in senso lato. Lo sponsor principale di maglia è solo una voce che compone i ricavi commerciali, ma è in qualche modo più evidente. Parliamo di contratti pluriennali,ma se prendiamo in esame lo sponsor del 2013 che dava meno della metà rispetto ai nostri competitors in Italia, non parlo di confronto con altre leghe dove il gap cresce ancora di più. Avrebbe continuato a bloccare la crescita del valore del brand Roma. La nostra scelta è stata anche rinunciare ad alcune offerte ritenute troppo basse, per far crescere il valore del brand Roma e portarlo all’altezza dei nostri competitors, cosa che riteniamo di aver fatto in questi anni. Ci sono molti parametri misurabili e che lo testimoniano: tutte le iniziative media e social media che abbiamo portato ad un livello di successo internazionale. Riteniamo di essere veramente molto vicini, quindi a breve ci aspettiamo risultati positivi, ad annunciare collaborazioni con brand di valore internazionale e sovranazionale per cifre in linea con i nostri competitors. Parliamo di accordi pluriennali che devono servire alla crescita dei ricavi e non un tappo, siamo molto vicini. Abbiamo fatto spesso dei paragoni con altre realtà come l’Emirates Stadium o l’Allianz Arena, quello di Monaco che ormai è vecchio, ma il più facile è quello della Juventus che, secondo i dati dichiarati da loro, ha fatto +175% anno su anno dei ricavi, pensate che incremento riesce a dare con la nuova infrastruttura. Solo attraverso un’operazione di questo tipo che passa per un intervento enorme, parliamo di un’opera che immaginiamo costare quasi 800 milioni, più di 200 dei quali sarà un capitale investito dalla proprietà, consente di sviluppare ricavi molto superiori a quelli attuali ed essere finalmente in grado di avere la sostenibilità di costi competitivi e di conseguenza sostenere costi di gestione sportiva che ci consentano di mantenere questo livello di competitività ed accrescerlo se possibilmente, per poter ambire a risultati sempre maggiori, questo è l’obiettivo. Io rido quando in questa città devo sentire che il Presidente Pallotta vuole fare lo Stadio perché ci vuole guadagnare, come se un investimento di quel tipo potrebbe aver senso per farlo affittare alla Roma, è ridicolo. L’investimento così importante serve per poter garantire alla Roma un volano e un incremento dei ricavi che attraverso la crescita organica o lo sponsor di maglia, che potrebbe essere a breve annunciato, non sarebbe in grado di portarci ad un livello di competitività come quello che dovremmo ottenere per riuscire effettivamente a competere.
Tutto quello che è girato intorno alla Roma ha influito sul gennaio nero della squadra?
Questo è molto grave perché significherebbe dare ulteriori alibi a questi professionisti, per cui la loro storia parla per loro, che sono di spessore internazionale. Dobbiamo pensare che hanno performance e risultati negativi per le voci di mercato questo sarebbe un insulto alla loro professionalità, ma soprattutto non giustificherebbe che la Roma ha iniziato ad avere prestazioni negative già da metà dicembre. La Roma non ha vinto nessuna delle ultime sette partite giocate, quindi a partire da metà dicembre. Pensare che questo sia condizionato dalle voci della trattativa di Dzeko è un alibi che non dobbiamo dare ai calciatori.
Il tifoso Baldissoni vede la luce in fondo al tunnel?
Non è il mio ruolo occuparmi di tematiche prettamente calcistiche, non è il mio compito, non lo farò e non inizierò mai a farlo. Questa squadra dimostra una costante: quando comincia a distaccarsi dagli obiettivi che inizialmente riteneva di dover avere, quindi non è all’altezza delle aspettative sportive che inizialmente si dà, dimostra un calo mentale e di determinazioni che porta a prestazioni che sono caratterizzate dal timore e dalla paura. Come quella di S.Siro, dove la Roma parte molto bene, domina il campo per lunghi tratti e subentra il cosiddetto braccino, che spesso utilizziamo quando parliamo di questa squadra. Una squadra che non è tranquilla e gioca con la paura di non essere in grado di raggiungere gli obiettivi che inizialmente si dà in qualche modo entra in un periodo di crisi. E’ successo anche negli altri anni, per questo ci interroghiamo molto e cerchiamo di trovare delle soluzioni perché sappiamo che è l’ultimo passaggio che dobbiamo fare. La Roma è arrivata seconda negli ultimi 3 di 4 campionati e dimostra di essere competitiva, ma mai abbastanza per riuscire effettivamente a catturare un trofeo. Dobbiamo lavorare di più e meglio, riguardo a tutti: staff tecnico, dirigenti e la squadra. Tutto l’ambiente Roma all’interno. Dobbiamo avere il coraggio e la forza di andare davvero a competere per gli obiettivi che ci prefissiamo, altrimenti continuiamo a creare degli ottimi presupposti che diventano poi frustrazione e rabbia che non fanno nulla oltre che peggiorare o ridurre le possibilità di successo.
Qual è la posizione ufficiale della Roma sul VAR?
Non esistono posizioni ufficiali della Roma, perché non conta nulla rispetto alla Federazione. La mia valutazione, che gli arbitri conoscono benissimo, è che la VAR non può garantire la giustizia assoluta sia perché il protocollo che è limitativo sia perché è tutto soggetto ad interpretazione umana. Se io non posso e non riuscirò mai ad avere una giustizia assoluta, a me non piace pagare il costo dell’immediatezza e della passione. Vedere un gol senza sapere se puoi esultare perché dobbiamo attendere revisioni, che portano via tempo e immediatezza del gioco, è un aspetto estremamente negativo, che non è ripagato da una giustizia assoluta. Se alla fine ci sono degli errori lo stesso preferisco preferisco che siano dovuti alla limitata visione dell’arbitro.