“Luis Enrique mi fa star tranquillo: diventerà un grande allenatore, spero qui a Roma” Citazione per citazione, sempre da Fiorella Mannoia: gli si addice di più quell'”ho imparato a sognare, non smetterò” in realtà un testo dei Negrita o “come si cambia per non morire?” Sei anni e mezzo dopo, è un Franco Baldini diverso. Nel ruolo, innanzitutto: lasciò nel 2005 da “consulente di mercato”, torna oggi da direttore generale, coordinatore della attività di Fenucci e Sabatini.
“Se siamo la nuova triade? Fenucci da a.d. può essere il nuovo Giraudo, io per i capelli bianchi ricordo Bettega, Sabatini per esclusione…“. Diverso nello spirito, conseguentemente: lo ricordavamo sognatore, oggi è più… politico. Disposto pure a prendersi un caffè in Campidoglio con la Sensi, “io in rappresentanza della Roma, lei delle istituzioni, se capiterà dovrò andare“. Baldini e il calcio Non è più tempo di Don Chisciotte e Sancho Panza, di guerra al Palazzo. “La casta che c’era prima ora c’è un po’ di meno e quello che allora ci sembrava utopistico, oggi forse è realizzabile — auspica Baldini —. Sono stato in Spagna e lì il calcio è migliore che in Italia, e in Inghilterra è migliore che in Spagna. Io ho ancora la speranza di migliorare il nostro sistema, magari cogliendo gli esempi positivi che ci arrivano da altre città: penso allo stadio senza barriere ad Udine o al terzo tempo della Fiorentina“. Guarda avanti, non ha voglia di voltarsi indietro, il passato scomodo è liquidato con una battuta “Moggi? Non mi è mancato, l’ho visto spesso in tribunale” e una punta di irritazione, quando gli citano la sua telefonata con Innocenzo Mazzini, quella del “ribalterò il calcio”. “Era un cazzeggio. E poi ne ero così in grado che sono andato a vendere caffè in Sudafrica“.
Baldini e la Roma Non sa nemmeno lui perché ha accettato la proposta di DiBenedetto. “Non c’era un motivo al mondo per lasciare Londra e tornare qui, nel solito tutti contro tutti. Perciò ho detto sì. Peraltro, non ho ancora firmato il contratto e continuerò a collaborare part time con la federazione inglese. I club che mi hanno corteggiato soprattutto il Chelsea, ndr? Sono arrivati tardi“. Sa cosa dovrà fare lui. “Innanzitutto mettere sempre il bene della Roma al primo posto, in passato non sempre l’ho fatto“. Sa cosa vogliono gli americani. «Investire, non speculare. Fare una squadra competitiva, ottenere presto risultati importanti, molto dipenderà dalla prima stagione. Aumentare i ricavi. Costruire un nuovo stadio». Sa di aver messo l’uomo giusto in panchina. “Luis Enrique mi fa stare tranquillo, ha ascendente sui calciatori, diventerà un grande allenatore, spero già a Roma“. Sa come trattare Totti. “In quella mia intervista c’era più amore che critica. Ci sono voluti cinque minuti per chiarirsi, resto convinto che se smette di lasciarsi usare giocherà a questi livelli altri 4-5 anni“. Sa, infine, come ottenere il rinnovo di De Rossi. “Abbiamo parlato, tranquilli, anche lui vuole trovare un accordo“. La rivoluzione, intanto, procederà a piccoli passi. Il primo? “Tagliare i biglietti omaggio, basta con questo malcostume. In Inghilterra, se sei ricco te li compri!“.
Gazzetta dello Sport – Alessandro Catapano