Baldini si dimette, pieni poteri a Sabatini

Conferenza stampa Sabatini PR

 

La crisi della Roma, forse, è il «de profundis» su un futuro possibile.Il peccato più grande dell’attuale dirigenza, infatti, in fondo non è l’essere fuori per il terzo anno consecutivo dalle coppe europee, né l’avere speso finora senza frutto oltre 110 milioni sul mercato (indebitando un club già ereditato in sofferenza economica), e neppure l’essere rimasta virtualmente l’unica società di Serie A priva di allenatore.

La colpa maggiore è un’altra: l’avere sperperato il Grande Sogno, quello che nell’aprile del 2011 fece credere di poter fare calcio in modo diverso dalle abitudini italiane. Doveva essere una Roma etica, estetica ed eretica, ma nel giro di pochi mesi abbiamo scoperto che si aggiravano i tetti sugli extracomunitari nel solito modo, ci si consegnava alle trattative con inquietanti procuratori come sempre, si annebbiavano le comunicazioni finanziarie finché possibile (sono scomparse, ad esempio, le indicazioni sugli stipendi di allenatori e calciatori), si passava dal nobile silenzio sugli arbitri in stile Luis Enrique alle classiche proteste di Zeman, il tutto senza che sul piano del gioco si vedesse un prodotto di costante qualità.

Le leali dimissioni di Franco Baldini – da d.g., corresponsabile della mancata «rivoluzione culturale» – hanno perciò certificato la fine di una diversità almeno dichiarata, aprendo la strada ad una divaricazione nella catena di comando che fa temere confusione di ruoli. Se il presidente James Pallotta è ambizioso ma ovviamente digiuno di calcio, le sue prime emanazioni a Trigoria (Italo Zanzi e Mark Pannes) lo sono altrettanto, lasciando emergere come il loro reale punto d’interesse sia sul business stadio e sul marketing, dove in effetti sono stati fatti i progressi maggiori.

Calcisticamente parlando, invece, tutto ruota attorno alla figura di Walter Sabatini – un d.s. che ha tracimato da tempo dalle sue competenze – e a quella dell’avvocato Mauro Baldissoni, potente consigliere d’amministrazione. Resta defilato, invece, l’a.d. Claudio Fenucci, chiamato a mantenere le relazioni con Lega e UniCredit, munifico socio di minoranza che – in un momento di stretta creditizia per aziende e famiglie – non ha lesinato finanziamenti e apprezzamenti pubblici, riservando le critiche solo a taccuini chiusi. Nessuna sorpresa. Il mondo che ruota attorno a un club stordito dai fallimenti e dai rifiuti, assomiglia un po’ a quello raccontato da Sorrentino nel film «La grande bellezza», col suo inquietante campionario di umanità lombrosiana. Roma e la Roma, d’altronde, sanno far perdere la testa a chiunque si avvicini senza la giusta dose di umiltà.

Una cosa è certa: tra investimenti e potenzialità, crediamo tuttora che in un prossimo futuro possano arrivare successi. Ma il Grande Sogno, quello di un calcio «diverso», resterà ormai solo tra i nostri rimpianti.

 

Fiammetta Fiorito

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